Messo in discussione perciò il drastico taglio all’assegno divorzile, fissato in oltre 10.000 euro in primo grado e ridotto a 2.000 euro in secondo grado
La presenza di domestici a casa durante il matrimonio non è elemento sufficiente per considerare come minimo il contributo offerto dalla moglie alla gestione della famiglia. Di conseguenza, è illogico ridurre drasticamente l’assegno divorzile riconosciuto in un primo momento alla donna. In primo grado l’uomo viene condannato a versare oltre 10.000 euro ogni mese all’ex moglie. In secondo grado, però, la cifra viene drasticamente ridotta a portata a 2.000 euro. Questo taglio è frutto soprattutto della valutazione del percorso lavorativo della donna come architetto: nello specifico, ella prima si è assicurata, dopo la chiusura del matrimonio, incarichi importanti con corrispettivi significativi e crescenti, ma poi, cessato il rapporto professionale, non si è adoperata per trovare nuovi clienti e per mettere a frutto le proprie competenze. In aggiunta, poi, i giudici di secondo grado sostengono che la donna non abbia sacrificato la propria carriera sull’altare della famiglia, avendo avuto a casa la collaborazione di alcuni domestici. Quest’ultima considerazione, però, viene censurata dai magistrati della Cassazione, i quali chiariscono che la presenza di domestici non assume valore rispetto alla dedizione della donna alla vita familiare. (Ordinanza 36089 del 23 novembre 2021 della Cassazione)