Logico, secondo i giudici, parlare di maltrattamenti in famiglia, alla luce dello stato di assoggettamento vissuto dalla donna
Il disinteresse mostrato dal marito verso i bisogni affettivi ed esistenziali della moglie gli possono costare una condanna per maltrattamenti in famiglia. Questo il principio fissato dalla Cassazione, chiamata a prendere in esame la delicata vicenda riguardante la lunga e difficile vita matrimoniale subita da una donna, costretta per anni a tollerare le angherie del marito. A inchiodare l’uomo, spiegano i giudici, è l’incuria da lui manifestata nei confronti della propria famiglia, quindi sia rispetto alla moglie che rispetto ai figli. Nello specifico, all’uomo vengono attribuite due colpe in particolare: il disinteresse verso i bisogni affettivi ed esistenziali della moglie, da un lato, e le omissioni sul fronte dei suoi obblighi di cura verso la moglie, ovviamente, e verso i figli. Questa situazione – resa più grave anche da offese e aggressioni fisiche subite dalla donna – è catalogabile come esempio lampante di maltrattamenti in famiglia, anche perché la donna si è ritrovata in uno stato di timore e di assoggettamento rispetto al marito – giustificatosi sempre col proprio carattere irascibile –, tanto da autoimporsi la scelta di non reagire per evitare ulteriori violenze. (Sentenza 43570 del 25 novembre 2021 della Cassazione)