Contratto di locazione firmato grazie alla consegna di un assegno non riferito al proprio conto corrente: legittimo parlare di truffa

Evidente l’errore a cui è stato indotto il proprietario dell’immobile oggetto del contratto

Contratto di locazione firmato grazie alla consegna di un assegno non riferito al proprio conto corrente: legittimo parlare di truffa

Legittimo parlare di truffa se il contratto di locazione viene concluso grazie alla consegna di un assegno di provenienza furtiva. Inequivocabile, secondo i giudici, la condotta tenuta dall’uomo sotto processo. In particolare si è appurato che egli ha bluffato sulla propria solvibilità, offrendo in pagamento di un titolo di provenienza furtiva – ricettato e poi artificiosamente compilato – e così concludendo fraudolentemente un contratto per l’affitto di un locale commerciale, in danno, ovviamente, del proprietario dell’immobile. In prima battuta i giudici ritengono evidente la consapevolezza della provenienza delittuosa del titolo, poiché l’uomo sotto accusa ha firmato di fronte al notaio un assegno che non si riferiva al suo conto bancario. In seconda battuta, poi, i giudici ritengono evidente anche la volontà dell’uomo di sottrarsi all’adempimento economico derivante dalla stipulazione del contratto d’affitto. A questo proposito, difatti, non si può ignorare che l’uomo ha concluso il contratto di affitto di fronte al notaio firmando un assegno che, come detto, non era riconducibile al suo conto, e così ha indotto in errore il proprietario del locale commerciale. (Sentenza 8255 del 9 marzo 2022 della Cassazione)

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