Conseguenza dell’invio a una casella di posta non corretta è l’inammissibilità
Sì al deposito di qualsivoglia atto di impugnazione, anche cautelare, tramite l’invio dell’atto mediante PEC, a fronte dei problemi creati anche alla giustizia dalla pandemia. Tuttavia, la norma prevede anche l’inammissibilità della richiesta di riesame trasmessa, come nella vicenda in esame, ad una casella di posta elettronica certificata diversa da quella indicata dal provvedimento del 9 novembre 2020 emesso dal direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia. Ciò non significa che il principio di conservazione degli atti non possa, astrattamente, trovare applicazione, spiegano i giudici, ma, nel caso in esame, non vi è prova che la richiesta di riesame sia pervenuta nella cancelleria del Tribunale del riesame nei dieci giorni dalla notifica dell’ordinanza applicativa della misura cautelare e, in ragione di ciò, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Inutile, quindi, l’atto di riesame proposto dalla difesa avverso la ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale con la quale è stata applicata al soggetto la misura cautelare della custodia cautelare in carcere. L’inammissibilità è stata dichiarata in considerazione del fatto che il riesame era stato trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato dal provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi. (Sentenza 47226 del 28 dicembre 2021 della Cassazione)