Per i giudici non basta il riscontro documentale per attestare l’esistenza di un effettivo rapporto di lavoro
Fortemente a rischio l’ammissione al passivo dei crediti da lavoro vantati dalla dipendente che è anche moglie dell’amministratore della società fallita. Elemento centrale è l’inquadramento del rapporto esistente tra la donna e l’azienda. Possibile parlare di subordinazione, oppure più logico catalogare come gratuito e volontario il contributo da lei offerto alla luce del rapporto con l’amministratore? Su questo punto i giudici sostengono sia necessario individuare adeguatamente il datore di lavoro e il requisito essenziale della subordinazione, che è soggezione del lavoratore all’altrui potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare. Insufficiente, invece, come fatto in Tribunale, limitarsi a un mero riscontro documentale, centrato su lettera di assunzione e ‘buste paga’ della lavoratrice, risultata essere non solo coniuge dell’amministratore della società – poi fallita – ma anche socia di altre società del nucleo familiare. (Ordinanza 35529 del 19 novembre 2021 della Cassazione)