Furto di un monopattino: inutile per l’imputato invocare la presenza del sistema GPS

La Cassazione conferma la condanna dell’uomo per furto consumato. La presenza del GPS non impedisce infatti il definitivo impossessamento del bene

Furto di un monopattino: inutile per l’imputato invocare la presenza del sistema GPS

I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, condannavano un imputato per furto di un monopattino elettrico con l’aggravante dell’aver commesso il fatto su cose esposte per necessità alla pubblica fede.

L’avvocato difensore ha proposto ricorso in Cassazione ritenendo che il reato poteva essere considerato solo nella forma – meno grave - del tentativo. Il veicolo aveva infatti un sistema di tracciamento satellitare che non era stato violato dall’imputato, con la conseguenza che la vigilanza sulla cosa non avrebbe subito interruzioni.

La Cassazione non condivide però tale opinione ed esclude dunque la configurabilità della forma tentata del delitto di furto.

Sottolinea infatti la sentenza che l’imputato era stato condannato per furto di un monopattino elettrico destinato alla fruizione collettiva ed esposto quindi alla pubblica fede. Secondo la giurisprudenza infatti «il controllo dei monopattini attraverso un sistema GPS; come per qualunque altro mezzo dotato di analogo dispositivo non esclude la definitività dell’impossessamento e non rende il bene soggetto a sorveglianza continua» (Cassazione a Sez. Unite n. 52117/2014).

Lo stesso principio è stato affermato anche in riferimento al furto d’auto munita di antifurto satellitare. Tale sistema, infatti, non impedisce il compimento del reato di furto ma semplicemente agevola il recupero del bene. È indubbio, infatti, che il soggetto derubato perde il controllo materiale e giuridico della cosa, almeno fino al momento dell’attivazione del sistema di rilevazione satellitare, collegata alla richiesta di attivazione al centro operativo (Cassazione sent. n. 39711/2018).

In conclusione, la Cassazione conferma la condanna rimodulando la pena in 4 mesi di reclusione e 100 euro di multa (Cass. pen., sez. V, ud. 20 marzo 2024 (dep. 13 maggio 2024), n. 18818).

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