La lite per un caricabatterie finisce in aggressione: condannato per omicidio per futili motivi

La Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione per un imputato accusato di aver provocato la morte di un uomo al culmine di un litigio originato dalla sottrazione di un caricabatterie per cellulare

La lite per un caricabatterie finisce in aggressione: condannato per omicidio per futili motivi

Alcuni cittadini, allarmati dai rumori provenienti da un appartamento del Condominio, allertavano le forze dell’odine le quali, aperta la porta, trovano due uomini: uno in piedi, anche se provato; l’altro a terra, in condizioni gravissime, morirà poco dopo.

Per l’aggressore scatta l’accusa di omicidio, con condanna sia in primo che in secondo grado.

In sostanza, i giudici di merito ritengono evidente la colpevolezza dell’uomo sotto processo, reo di avere commesso un omicidio aggravato dai futili motivi, ossia una lite scoppiata per la sottrazione di un caricabatterie – di valore risibile – per cellulare.

La difesa presenta ricorso in Cassazione provando a mettere in discussione l’aggravante dei futili motivi. Nello specifico, il legale osserva che secondo i giudici d’Appello «il fondamento ‘storico’ dell’aggravante va individuato nell’antecedente lite scoppiata tra l’aggressore e la vittima – lite relativa al caricatore di energia di un telefono cellulare –» mentre, invece, a suo dire, vi sono dati che forniscono una prospettiva diversa, ossia il tempo trascorso tra l’inizio della lite e la morte della persona aggredita, e il reale rapporto esistente tra i due uomini.

Dalla difesa viene quindi delineata una prospettiva differente: «la causa scatenante è da ricondursi a rancori personali, connessi alle diverse origini economico-sociali dei due uomini».

Per i giudici di Cassazione, però, è inaccettabile il riferimento fatto dalla difesa a «substrato culturale e condizione sociale» dei due uomini come possibile origine dell’aggressione mortale.

Ad ogni modo, la sentenza precisa che «la dimostrazione della esistenza della circostanza aggravante dei futili motivi si può trarre anche dalla prova logica, cioè sulla scorta degli indizi ricavabili dalle modalità del fatto nonché dalle circostanze di tempo e luogo, essendo sufficiente che gli elementi indiziari siano gravi, precisi e concordanti e che, globalmente valutati, consentano di risalire, in termini di certezza processuale, al requisito ideologico di futilità causale del movente omicida, cronologicamente prossimo alla condotta e idoneo pertanto ad integrare l’aggravante».

Passando alla vicenda, il quadro probatorio risulta inequivocabile, poiché è acclarato che «tra i due uomini è scoppiata, a partire dalle ore 17, una lite furibonda, a causa dell’accessorio di un telefonino, che tale lite è perdurata con certezza fino alle ore 20 – momento in cui sono intervenuti anche i carabinieri chiamati per sedarla –» e che «l’omicidio è avvenuto tra le ore 20 e le ore 21, nel medesimo appartamento dove si è svolta la lite».

Di conseguenza, a fronte della ricostruzione dei fatti, va escluso il presunto «disallineamento temporale», sostenuto dalla difesa, «di circa tre ore tra l’insorgenza della lite e l’esecuzione dell’omicidio», mentre è palese «il continuum tra il movente della lite e quello del suo epilogo finale, l’omicidio, che riporta così la futilità causale iniziale a movente dell’esito finale» (Cass. pen., sez. I, sent., 21 marzo 2024, n. 11928).

 

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