Laureato ma precario sul lavoro: meglio il ‘reddito di cittadinanza’ che l’aiuto dei genitori
I giudici respingono la richiesta avanzata da un ragazzo nei confronti della madre per l’ottenimento dell’assegno alimentare

Titolo di studio, infruttuosa ricerca di un lavoro stabile e dormitorio come tetto sulla stessa certificano la condizione di disagio del giovane ma non ne giustificano in automatico la richiesta di vedersi garantito ancora il sostegno genitoriale attraverso il cosiddetto assegno alimentare. Per i giudici, difatti, il figlio – ampiamente maggiorenne – non ha dimostrato di trovarsi in posizione difficile, con un’occupazione precaria, per cause a lui non imputabili. Anzi, viene evidenziato il suo titolo di studio – una laurea breve in Informatica – per sottolinearne la spendibilità in ottica lavorativa in un settore non in crisi. Per completare il quadro, e inchiodare alle loro responsabilità i giovani che, nonostante il percorso di studi compiuto, non riescono a trovare un lavoro dignitoso, i giudici ritengono sia molto più utile per un ragazzo puntare sugli aiuti previsti dallo Stato, come il ‘reddito di cittadinanza’, invece di continuare a fare affidamento sui genitori. (Ordinanza 40882 del 20 dicembre 2021 della Cassazione)