PMA: consenso irrevocabile e separazione delle coppie
La legge n. 40/2004 stabilisce che una volta fecondato l'embrione, il consenso alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) diventa irrevocabile. Tuttavia, ci sono situazioni in cui una coppia si separa prima che l'embrione venga impiantato e l'uomo rifiuta di diventare padre contro la propria volontà
Venti anni fa, in Italia, è stata introdotta la legge che consente alle coppie infertili di diventare genitori. Attualmente, i dati del Registro Nazionale della PMA mostrano un aumento nei trattamenti e nei tassi di gravidanza, con oltre 217.000 bambini nati grazie a queste tecniche. Le procedure che coinvolgono embrioni crioconservati sono salite da 1.338 nel 2005 a 29.890 nel 2022. Solo le coppie eterosessuali sposate o i conviventi possono però accedere alla PMA, sono escluse le donne single.
Il consenso espresso dalla coppia al momento della firma del contratto con la clinica per la PMA è essenziale; una volta che l'embrione è stato fecondato, diventa irrevocabile per un periodo di tempo non definito e ciò comporta una responsabilità verso il nascituro. L'irrevocabilità del consenso in questione è finalizzata a garantire che entrambi i genitori siano coinvolti finché l'embrione non venga formato.
Il problema sorge quando dalla manifestazione del consenso all'impianto passano diversi anni, periodo durante il quale la coppia potrebbe separarsi. Mentre la donna può scegliere di non procedere all'impianto, l'uomo potrebbe ritrovarsi a essere padre nonostante il suo dissenso, sebbene separato dalla partner.
La Corte Costituzionale ha confermato che il consenso diventa irrevocabile dopo la formazione dell'embrione, proteggendo così il diritto del nascituro e della donna, a discapito della volontà dell'uomo. La libertà di autodeterminazione dell'uomo può essere compressa in considerazione della prospettiva della paternità, secondo quanto stabilito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione.