Reddito di cittadinanza: l’arresto e la detenzione di un familiare vanno comunicati
L’omessa comunicazione del sopravvenuto stato di detenzione di un familiare, quale causa di riduzione del beneficio del c.d. reddito di cittadinanza, è penalmente punibile

Ai fini della richiesta del reddito di cittadinanza, occorre infatti sottoscrivere un’autodichiarazione del proprio nucleo familiare. Nella vicenda in esame, un ragazzo aveva dichiarato di vivere con il padre nonostante in quel momento egli fosse detenuto in carcere. Tale comportamento ha portato alla condanna ad un anno e 6 mesi di reclusione, ridotta ad un anno, con sospensione condizionale della pena, in appello.
L’avvocato difensore ha tentato il ricorso in sede di legittimità, senza però avere successo.
La difesa sostiene l’irrilevanza penale della condotta posto che la normativa relativa al reddito di cittadinanza punirebbe solo l’omessa comunicazione di mutamenti reddituali dei componenti del nucleo familiare.
La Cassazione smonta però tale obiezione ricordando che «integra il reato di cui all’art. 7 d.l. n. 4/2019, conv. in l. n. 26/2019, l’omessa comunicazione del sopravvenuto stato di detenzione di un familiare quale causa di riduzione del beneficio del c.d. reddito di cittadinanza, in quanto incidente sulla composizione del nucleo familiare, e quale parametro della scala di equivalenza per il calcolo della prestazione economica».
Infatti, in un’ottica generale, «la disciplina del reddito di cittadinanza è correlata al generale principio antielusivo che si incardina sulla capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 Cost., la cui ratio risponde al più generale principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.».
La punibilità di tale condotta è dunque «rapportata al dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni e va ben oltre il pericolo di un profitto ingiusto».
Per questi motivi, il ricorso viene rigettato (Cass. pen., sez. III, ud. 16 gennaio 2024 (dep. 19 aprile 2024), n. 16445).