“Reddito di cittadinanza”, misura accessibile solo per gli stranieri con “permesso di soggiorno di lungo periodo”
Fondamentale il richiamo alla durata del beneficio e al risultato perseguito, ossia l’inclusione sociale e lavorativa

Legittimo ritenere concedibile il “reddito cittadinanza” agli stranieri, a patto, però, che essi siano titolari di “permesso di soggiorno di lungo periodo”. Questa la decisione della Corte Costituzionale. I giudici hanno sottolineato che il “reddito di cittadinanza” non è una semplice misura di contrasto alla povertà ma persegue diversi e più articolati obiettivi di politica attiva del lavoro e di integrazione sociale, e, poiché il suo orizzonte temporale non è di breve periodo, allora la titolarità del diritto di soggiornare stabilmente in Italia non è un requisito privo di collegamento con la ragion d’essere del beneficio previsto. Inoltre, secondo i giudici, non si può ignorare che il “reddito di cittadinanza” non si risolve in una mera provvidenza assistenziale diretta a soddisfare un bisogno primario dell’individuo, ma presenta un contenuto più complesso di misura di politica attiva del lavoro, che comprende un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale. A questa sua prevalente connotazione si collegano la temporaneità della prestazione e il suo carattere condizionale, cioè la necessità che si accompagni a precisi impegni dei destinatari. Tirando le somme, considerati la durata del beneficio (18 mesi, con possibilità di rinnovo) e il risultato perseguito (l’inclusione sociale e lavorativa), non irragionevolmente il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha destinato la misura solo agli stranieri soggiornanti in Italia a tempo indeterminato. (Sentenza 19 del 25 gennaio 2022 della Corte Costituzionale)