Rubano alimenti dal supermercato: la Consulta conferma la lieve entità del fatto
La circostanza attenuante del fatto di lieve entità viene riconosciuta anche per la c.d. rapina impropria, configurabile nel caso di impossessamento di beni altrui con l’uso di violenza o minaccia dopo la sottrazione al fine di assicurarsi il possesso del bene o l’impunità

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma penale che, in relazione alla c.d. rapina impropria, non prevedeva l’attenuante del fatto di lieve entità (sentenza n. 86 del 13 maggio 2024).
Si tratta dell'art. 628, comma 2, c.p., finito sotto la lente della Consulta nella parte in cui non prevede che la pena comminata per la rapina impropria sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
La questione è stata sollevata in un processo per rapina impropria a carico di due imputati che avrebbero prelevato dagli scaffali di un supermercato alcuni generi alimentari di modesto valore e sarebbero riusciti a sottrarsi all'intervento del personale dell'esercizio commerciale mediante minacce e spintoni, per poi essere rintracciati nei pressi dell'esercizio stesso mentre consumavano del pane.
La Consulta ha osservato che la durata minima della pena detentiva prevista dalla legge per la rapina (5 anni di reclusione), può costringere il giudice a irrogare una sanzione in concreto sproporzionata rispetto alle caratteristiche del fatto.
Di fatto, la sentenza ha esteso alla rapina quanto già deciso l’anno scorso (sentenza n. 120/2023) dalla medesima Corte costituzionale per l'estorsione «reato caratterizzato anch'esso dall'elevato minimo edittale di cinque anni di reclusione e, nel contempo, dalla possibilità di consumazione tramite condotte di minimo impatto, personale e patrimoniale».
La Corte sottolinea infine che tale estensione risponde «sia al principio di uguaglianza, nel trattamento sanzionatorio della rapina e dell'estorsione, sia ai principi di individualizzazione e finalità rieducativa della pena, i quali ostano all'irrogazione di sanzioni sproporzionate rispetto alla gravità concreta del fatto di reato».