Scontrino della pescheria non pagato: carabiniere condannato per induzione indebita
Impossibile mettere in discussione la condotta del titolare della pescheria. Il carabiniere non ha mai chiesto esplicitamente di non pagare, ma allo stesso modo non si è mai offerto di pagare la merce prima di allontanarsi

Ricostruita la vicenda, i giudici di secondo grado escludono ogni dubbio sulla colpevolezza del carabiniere sotto processo, condannato per il reato di induzione indebita a dare utilità realizzato ai danni del titolare di una pescheria e concretizzatosi nell’ottenere pesce fresco senza pagare.
Con il ricorso in Cassazione, la difesa del carabiniere mette in dubbio l’esistenza dell’abuso induttivo del pubblico ufficiale e dell’illegittimo vantaggio, entrambi richiesti dalla norma penale per configurare il reato.
In particolare, dal complesso degli elementi probatori a disposizione non sarebbe ravvisabile «una condotta di abuso dei poteri o della qualità di pubblico ufficiale da parte del carabiniere, in considerazione del fatto che quest’ultimo non aveva mai fatto alcuna ‘pressione’ per non pagare e le richieste di merce si erano verificate talvolta anche presentandosi in abiti civili». Inoltre, «proprio dalle dichiarazioni della persona offesa si può escludere sia la sussistenza di una condotta induttiva da parte del carabiniere, sia una qualsiasi forma di utilità o indebito vantaggio anche indiretto che il titolare della pescheria avrebbe potuto conseguire prestando acquiescenza alla eventuale alle implicite richieste del carabiniere».
La Cassazione precisa in primo luogo che «il delitto di concussione è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita». Tale condotta «si distingue dal delitto di induzione indebita, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest’ultimo non si risolva in un’induzione in errore), di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, poiché motivata dalia prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico».
È necessario, quindi, soffermarsi sulle ragioni che hanno indotto il titolare della pescheria a subire la condotta illecita del carabiniere. Sul punto, la sentenza afferma che «non può nutrirsi alcun dubbio sul fatto che, sebbene il carabiniere non abbia mai formulato esplicite richieste di non pagare il corrispettivo della merce prelevata senza però nemmeno offrirsi di pagarla prima di allontanarsi, come sarebbe stato logico aspettarsi, dato che la persona offesa non consegnava il pesce per beneficenza, la condotta della persona offesa sia scaturita non da un timore autoindotto ma dalla circostanza che l’uomo sotto processo ha consapevolmente fatto pesare il suo ruolo di carabiniere in servizio nel quartiere dove era posta la pescheria».
Di conseguenza, posto che «alcuna minaccia esplicita è mai stata formulata dal militare dell’Arma», non può escludersi che il titolare della pescheria abbia consegnato gratis il pesce «sia per la paura di un male ingiusto, sia per ingraziarsi la benevolenza del carabiniere e assicurarsi per il futuro un trattamento preferenziale». Parimenti, non può escludersi che «la speranza di un vantaggio» abbia prevalso, nell’ottica della persona offesa, «sull’aspetto intimidatorio», a maggior ragione ove si consideri che «la persona offesa non ha provato neppure una volta a sottrarsi alle pretese del carabiniere, chiedendogli la corresponsione del prezzo della merce che gli consegnava» (Cass. pen., sez. II, dep. 10 maggio 2024, n. 18389).