Somme trattenute dalla guardia medica turistica: legittima la condanna per peculato

Ciò perché, precisano i giudici, il medico, addetto al servizio di guardia turistica nell'ambito del SSN riveste, anche se selezionato ad hoc per tale servizio in via temporanea, la qualifica di pubblico ufficiale, poiché svolge l'attività per mezzo di poteri pubblicistici di certificazione, che si estrinsecano nella diagnosi e nella correlativa prescrizione di prestazioni a carico dello stesso Servizio sanitario nazionale

Somme trattenute dalla guardia medica turistica: legittima la condanna per peculato

Scenario della vicenda è la provincia livornese. Con il ricorso in Cassazione il legale che difende il medico punta a reinquadrare i fatti, ponendo in rilievo il regime contrattuale applicato, all’epoca, al suo cliente: nello specifico, «il medico era tenuto a rilasciare – a fronte di una somma predefinita – una mera quietanza priva di valore fiscale e certificativo, e la Azienda sanitaria locale introitava la somma quale concorso spese del cittadino, una forma non tipizzata e anche eccedente gli schemi normativi in materia sanitaria», osserva il legale, il quale aggiunge che «rispetto all'incasso del denaro, alcun potere espressione della volontà dello Stato o certificativo veniva a svolgere il medico, ma soltanto il ruolo di mero ricettore di somme».

Per i giudici di Cassazione, però, tali obiezioni sono assolutamente prive di fondamento. Viene ricordato a riguardo che «nel caso della guardia medica turistica (…), si tratta di prestazione svolta dal medico (…) nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, per assicurare il servizio di continuità assistenziale». E, osservano i giudici, «onde evitare di caricare le Regioni degli oneri finanziari di tale forma stagionale di assistenza medica di base, è previsto che il servizio non sia gratuito».

Nel caso specifico, si è accertato che, all’epoca, «la normativa regionale prevedeva per l'utilizzatore del servizio il versamento di un contributo (15 euro per una visita, 25 euro per una visita domiciliare, 8 euro per una ricetta), che il medico era tenuto a riversare alla ‘Azienda sanitaria locale’ di competenza, con modalità prestabilite e rilasciando ricevuta su bollettario fornito dalla stessa ‘Azienda sanitaria locale’».

Tirando le conclusioni, e respingendo le obiezioni sollevate dal legale, «l’attività di riscossione svolta dal medico della guardia turistica era connessa all'attività da lui svolta nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e non era certo privata». (Cassazione, sentenza numero 12156, sezione sesta penale, depositata il 22 marzo 2024).

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