Appartamenti dati in affitto a prostitute: condannati i comproprietari del residence

Palese la consapevolezza sull’attività portata avanti dalle donne. Inequivocabile la presenza di un sistema di videosorveglianza per monitorare il viavai di uomini

Appartamenti dati in affitto a prostitute: condannati i comproprietari del residence

Prostitute operative negli appartamenti di un residence: padre e figlio, comproprietari dell’immobile, condannati per avere tollerato l’esercizio della prostituzione. A inchiodare i due uomini è anche la presenza di alcune telecamere, sufficienti a rendere palese il continuo viavai di uomini all’interno dell’immobile. Esclusa perciò l’inconsapevolezza di padre e figlio in merito all’attività svolta dalle donne che avevano preso in affitto – in alcuni casi, peraltro, in nero – gli appartamenti del residence. I giudici focalizzano la loro attenzione proprio sulla consapevolezza dei due uomini in merito a quanto avveniva tra le mura del residence. E in questa ottica viene evidenziato che la struttura, organizzata in ventuno piccoli appartamenti distribuiti su più piani, era dotata di telecamere di sorveglianza che consentivano ai gestori, residenti nel piano rialzato, di monitorare gli spazi comuni e quindi di controllare gli accessi agli appartamenti. Rilevanti anche le dichiarazioni di una donna che ha esercitato il mestiere nel residence: ella ha precisato che i due uomini, nella loro qualità di gestori del residence, non hanno mai frapposto nessun ostacolo al continuo via vai di uomini. (Sentenza 32178 del 1° settembre 2022 della Corte di Cassazione)

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