Fideiussore garantito solo se è già avvenuto il pagamento in favore del creditore

In sostanza, il fideiussore non ha un credito di regresso prima del pagamento e dunque non può essere ammesso con riserva per un credito condizionale

Fideiussore garantito solo se è già avvenuto il pagamento in favore del creditore

In materia di concorso di creditori, alla luce di quanto previsto dalla legge fallimentare, il fideiussore non ha un credito di regresso prima del pagamento e dunque non può essere ammesso con riserva per un credito condizionale. Di conseguenza, il fideiussore, considerata la natura concorsuale del credito di regresso, può essere ammesso al passivo solo se e nella misura in cui sia già avvenuto il pagamento in favore del creditore, che configura il fatto costitutivo del diritto al regresso.
Questo il punto da parte dei giudici (sentenza numero 5964 del 6 marzo 2025 della Cassazione), i quali sono stati chiamati a prendere in esame l’opposizione proposta da un istituto di credito allo stato passivo di una società cooperativa in liquidazione coatta amministrativa.
Riflettori puntati, in particolare, sulla parte in cui il commissario liquidatore non ha ammesso, in via condizionale, i crediti di firma non ancora escussi e così vantati dalla banca quale garante.
Per i giudici non ci sono dubbi: il fideiussore che non ha ancora integralmente soddisfatto il creditore non è titolare di alcun credito di regresso verso il debitore principale fallito e non può essere ammesso al passivo del fallimento neppure con riserva del futuro ed eventuale pagamento, poiché il pagamento integrale costituisce elemento costitutivo del diritto di regresso e non mera condizione di esigibilità di un diritto già esistente.
Corretta, in generale, la decisione di non ammettere al passivo in via condizionale le pretese vantate dalla banca in forza delle garanzie da essa prestate ma non ancora escusse.
Detto ciò, resta in campo una questione: il fideiussore (o altro coobbligato in solido con il fallito) può insinuare con riserva il proprio credito di rivalsa nel passivo del fallimento del debitore principale prima ancora d’aver adempiuto il proprio debito nei confronti del creditore?
Su questo fronte vi sono, spiegano i giudici, alcuni punti fermi: il pagamento da parte del fideiussore costituisce il presupposto indispensabile del suo diritto di regresso, il quale, pur avendo la propria causa diretta appunto nel pagamento eseguito dal garante nel corso del fallimento, comunque mutua o dal credito del creditore comune ovvero dalla fideiussione, anteriori alla sentenza dichiarativa, il connotato della concorsualità; il fideiussore, in mancanza di pagamento integrale, non è, dunque, titolare di alcun diritto di regresso e non può, dunque, proporre domanda per l’ammissione dello stesso al passivo del fallimento del debitore, neppure con riserva del futuro ed eventuale pagamento; il fideiussore può, invece, far valere il credito di regresso, con l’istanza di ammissione (tempestiva o tardiva) allo stato passivo del fallimento del debitore principale, soltanto a seguito e per effetto del pagamento integrale delle ragioni del creditore.
Di conseguenza, il fideiussore che non ha (ancora) integralmente soddisfatto il creditore non è, quindi, un creditore attuale, sia pur condizionale, verso il debitore principale, già dichiarato fallito, e non può, dunque, (né deve) essere ammesso al passivo con riserva del futuro pagamento al creditore. Deve, in effetti, escludersi che possano rientrare tra i crediti condizionati i diritti (come il regresso del fideiussore) i cui elementi costitutivi (tra cui il pagamento integrale al creditore) non si siano integralmente realizzati anteriormente al fallimento del debitore, in tal caso versandosi in ipotesi non già di mera inesigibilità della pretesa ma, a ben vedere, di credito non ancora sorto ed eventuale.
Tirando le somme, il pagamento integrale (e solo questo) attribuisce al fideiussore il diritto di regresso nei confronti del debitore fallito e, dunque, lo legittima a proporre domanda di ammissione al passivo del credito di regresso così maturato, per cui, in difetto di una diversa situazione sostanziale che lo stesso possa già in precedenza far valere nei confronti del fallimento, il garante che non abbia pagato (ammesso che poi lo faccia) non può dolersi né del fatto che, prima di tale momento, il creditore principale abbia ritenuto di non insinuare al passivo il proprio credito (nel quale poi, se del caso, subentrare) al passivo, né, soprattutto, del fatto che, in difetto di accantonamenti (come quelli cui avrebbe avuto diritto se fosse stato ammesso con riserva), subisca il rischio che, una volta eseguito il pagamento ed ammesso al passivo il suo diritto di regresso, i riparti medio tempore eseguiti abbiano esaurito l’attivo utilmente distribuibile in suo favore. Si tratta, in effetti, di un pregiudizio che, al pari di quello cui restano esposti i creditori non (ancora) insinuati, non si differenzia, sotto questo profilo, da quello che, in via di mero fatto, gli stessi sono destinati a subire nell’ipotesi in cui si pervenga celermente alla liquidazione dell’attivo (e alla distribuzione del suo ricavato: limite oltre il quale le domande tardive, sia pur per causa non imputabile, non sono, invero, comunque ammissibili) e, quindi, alla chiusura del fallimento, tanto più se si considera che gli stessi possono far pur sempre affidamento sulla capacità del debitore di ricostruire in futuro un patrimonio aggredibile, salvi soltanto gli effetti della esdebitazione (che, peraltro, nemmeno è assoluta, essendo esclusa per le società e, comunque, restando condizionata alla cooperazione del fallito con gli organi della procedura, mentre, rispetto ai crediti concorsuali anteriori che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo, la stessa è limitata alla sola eccedenza rispetto a quanto gli stessi avrebbero avuto diritto di percepire nel concorso.
Tutto ciò non esclude che, una volta eseguito il pagamento e, in tal modo, conseguito il diritto di rivalsa verso il debitore fallito, il fideiussore sia legittimato non solo a far valere tale diritto nei confronti del fallimento di quest’ultimo, mediante surrogazione nella posizione creditoria già insinuata nel fallimento dal creditore, ovvero, in difetto, con un’autonoma domanda di ammissione allo stato passivo del credito maturato (se del caso in via tardiva: quanto meno nel caso in cui, non avendo tardato il pagamento in favore del creditore in forza di eccezioni meramente dilatorie, il ritardo della domanda è dipeso da causa a lui non imputabile), ma anche ad attivare, con l’ammissione provvisoria disposta in via cautelare in sede d’opposizione ovvero con l’ammissione definitiva a mezzo di decreto non definitivo, il diritto ai corrispondenti accantonamenti.

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