Bancarotta e autoriciclaggio per le somme sottratte alla società e destinate all’acquisto di criptovalute

Solido il quadro accusatorio a carico dell’amministratrice. Confermato il sequestro preventivo del suo conto corrente

Bancarotta e autoriciclaggio per le somme sottratte alla società e destinate all’acquisto di criptovalute

Legittimo ipotizzare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e il reato di autoriciclaggio a fronte della sottrazione di denaro dalle casse della società fallita, denaro poi destinato all’acquisto di criptovalute. I giudici ritengono inequivocabili i dati emersi in merito alle somme di denaro portate via dalla compagine societaria fallita, e aggiungono che, in merito all’autoriciclaggio concretizzatosi con l’acquisto di criptovalute, non è necessaria una condotta finalizzata ad occultare le origini del denaro, essendo sufficiente una qualunque attività volta ad ostacolare la provenienza delle somme In sostanza, l’impiego di denaro distratto dalla società fallita per poter effettuare l’acquisto di criptovalute configura il reato di autoriciclaggio, trattandosi di operazioni concretamente idonee ad ostacolare l’individuazione della provenienza illecita del denaro. Solido, quindi, il quadro accusatorio a carico della amministratrice – per ben quindici anni – della società fallita. E confermato perciò il decreto di sequestro preventivo del suo conto corrente. Alla donna viene anche addebitato di avere dapprima condotto la società al fallimento, gravandola di ingenti debiti, e successivamente di averla svuotata della propria consistenza patrimoniale e finanziaria, per infine trasferire la sede all’estero con cambio dell’amministratore, risultato poi soggetto irreperibile. (Sentenza 36027 del 23 settembre 2022 della Corte di Cassazione)

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