Capodanno: lo zio presta la pistola al nipote che spara cinque colpi. Impossibile parlare di detenzione illegale di arma

Impossibile parlare di detenzione illegale di arma se il nipote - allievo carabiniere e privo del porto d’armi - si fa prestare per pochi secondi la pistola dallo zio poliziotto e ne approfitta per sparare cinque colpi.

Capodanno: lo zio presta la pistola al nipote che spara cinque colpi. Impossibile parlare di detenzione illegale di arma

L’evento si verifica durante la notte di Capodanno. Durante i festeggiamenti, con relativi “botti”, per il passaggio dall’anno vecchio all’anno nuovo, sul balcone di un appartamento pieno di parenti e amici, zio (membro della Polizia penitenziaria) e nipote (allievo carabiniere) decidono di sparare qualche colpo di pistola. A inchiodare i due autori dell’assurdo gesto è un video pubblicato su Instagram proprio nella notte del 31 dicembre, video che consente di accertare, da un lato, che l’allievo carabiniere «sparava, mentre si trovava sul balcone di uno stabile condominiale situato in centro abitato, cinque colpi con una pistola semiautomatica in direzione di alcuni caseggiati» e, dall’altro, che «l’allievo carabiniere, privo di porto d'armi, aveva ricevuto in prestito la pistola d'ordinanza dello zio, membro della Polizia penitenziaria, e aveva esploso alcuni colpi dal balcone dell'abitazione della nonna dove si trovavano tutti insieme». A fronte del video, i due uomini ammettono i fatti e vengono condannati in Appello per «aver detenuto illegalmente una pistola Beretta, calibro 9x19» e vengono sanzionati con «la pena di due mesi e dieci giorni di reclusione e 667 euro di multa» a testa. A parere della difesa, però, la condanna di zio e nipote è priva di fondamento. Argomenta la difesa, infatti, che nella pronuncia di appello si parla di «detenzione illegale dell'arma» prescindendo dal «dato temporale», mentre è invece necessario accertare «la disponibilità materiale dell'arma per un lasso apprezzabile di tempo e l’autonoma disponibilità di quella stessa arma da parte del detentore». In questo caso il nipote «ha detenuto la pistola per un tempo inferiore a un minuto e sotto il controllo dello zio». Si pone, quindi, il problema di capire se sono o meno ravvisabili gli estremi del reato di detenzione illegale di arma comune da sparo.

Per rispondere a questa domanda, i magistrati di Cassazione ricordano, innanzitutto, che «il concetto giuridico di detenzione, che si identifica in una generica disponibilità della cosa, prescinde da qualunque considerazione temporale e dalla possibilità di un utilizzo immediato». Di conseguenza, per parlare di detenzione abusiva di un'arma non è necessario che «il soggetto abbia sempre con sé o presso di sé l'arma abusivamente detenuta». Può quindi detenere illegalmente un’arma «anche chi, pur non avendo con sé o presso di sé l'arma, la custodisca o la possegga in un luogo da cui possa prelevarla sia direttamente che indirettamente, secondo le libere determinazioni della sua volontà». Allo stesso tempo, però, «per la configurazione del delitto di detenzione abusiva d'arma comune da sparo è necessaria una relazione stabile del soggetto con l’arma, in quanto il concetto di detenzione implica, per sua natura, un minimo di permanenza del rapporto materiale tra detentore e cosa detenuta ed un minimo apprezzabile di autonoma disponibilità del bene da parte del soggetto». Pertanto, «si verifica la detenzione abusiva di un'arma allorché tra il soggetto e l'arma risulti in concreto un rapporto, ovvero una relazione di fatto che gli consenta di averne la disponibilità, e ciò indipendentemente da un collegamento materiale e spaziale tra il soggetto ed il bene». Quindi ciò che connota il reato è la stabile relazione tra il soggetto con l’arma. Secondo i Giudici, nel caso di specie, il nipote ha sì avuto l’arma in prestito dallo zio, ma la disponibilità è durata i pochi secondi, necessari per esplodere i colpi. Manca, quindi, sia una detenzione stabile, sia un’autonoma disponibilità. Per cui non si configura l’ipotesi di reato. (Cass. pen., sez. I, ud. 17 ottobre 2023 (dep. 22 gennaio 2024), n. 2632).

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