Cessione in blocco dei crediti: titolarità in dubbio se viene prodotto un contratto di cessione con rilevanti omissioni
Il generico rinvio al contratto di cessione non può integrare la puntuale prova di natura oggettiva o documentale dell’essere gli specifici crediti azionati ricompresi nell’oggetto della compravendita di crediti deteriorati nell’ambito della operazione di cessione in blocco

A fronte della cessione in blocco dei crediti, a dare prova della titolarità dei crediti ceduti non può bastare la produzione lacunosa del contratto di cessione, ossia di un contratto caratterizzato da evidenti e rilevanti omissioni. I giudici ribadiscono che è possibile, in caso di cessione in blocco dei crediti, venga contestata l’effettiva titolarità del credito, e in questa situazione spetta al cessionario fornire la prova dell’essere stato lo specifico credito compreso tra quelli compravenduti nell’ambito dell’operazione di cessione in blocco, essendo il fondamento sostanziale della legittimazione attiva legato per il cessionario alla prova dell’oggetto della cessione, compreso l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione. In questa ottica il generico rinvio al contratto di cessione non può integrare la puntuale prova di natura oggettiva o documentale dell’essere gli specifici crediti azionati ricompresi nell’oggetto della compravendita di crediti deteriorati nell’ambito della operazione di cessione in blocco. In particolare, la produzione frammentaria del contratto di cessione con ampie omissioni, cioè con parecchie pagine mancanti, non presenta sufficienti indici tali da dimostrare chiaramente ed univocamente che il debito vantato nei confronti della parte opponente sia ricompreso nell’oggetto dell’intervenuta cessione in blocco. E non è certamente idonea ad assurgere al rango di prova richiesta ai fini della dimostrazione dell’effettiva titolarità attiva in capo al cessionario del credito azionato la dichiarazione che, seppur autenticata dal notaio, proviene ed è sottoscritta dal creditore. (Sentenza del 13 ottobre 2022 del Tribunale di Forlì)