Condanna sacrosanta per lo stalker, anche se il lockdown lo ha bloccato per due mesi
Confermata in via definitiva la responsabilità penale di un uomo finito sotto processo per le condotte persecutorie tenute per oltre un anno nei confronti dell’allora fidanzata

I due mesi di lockdown bloccano il fidanzato geloso in modo morboso ma non escludono la condanna per il reato di stalking. Confermata in via definitiva la responsabilità penale dell’uomo, finito sotto processo per le condotte persecutorie tenute per oltre un anno nei confronti dell’allora fidanzata. Irrilevante, chiariscono i giudici, che in quell’arco temporale vi siano stati due mesi, quelli del lockdown imposto in piena pandemia dallo Stato, in cui l’uomo e la ragazza non hanno potuto avere alcun contatto. In sostanza, l’isolamento forzato imposto dallo Stato e il conseguente stop alle attività persecutorie dello stalker non bastano per metterne in discussione la condanna per avere ossessionato la compagna.
Chiaro l’obiettivo della difesa: fare riferimento alla obbligata assenza di contatti tra i due fidanzati durante l’isolamento imposto dallo Stato e mettere così in discussione l’abitualità delle condotte persecutorie tenute dall’uomo. Ma il ragionamento portato avanti dal legale viene respinto in modo netto dai giudici, i quali chiariscono che è irrilevante la mancata frequentazione tra i due fidanzati durante i due mesi di lockdown in piena pandemia. Impossibile, quindi, mettere in dubbio l’abitualità delle condotte persecutorie tenute dall’uomo nei confronti della fidanzata. (Sentenza 14566 del 6 aprile 2023 della Cassazione)