Condannata per stalking la madre che prova a vedere troppo spesso il figlio

Inequivocabile la condotta tenuta da una donna che ha ignorato i paletti a lei imposti con una specifica regolamentazione degli incontri col figlio, affidato al Comune e collocato presso una famiglia

I giudici ritengono palese la consapevolezza della donna di avere leso la sfera intima del figlio con le proprie condotte invasive di appostamento ed avvicinamento in tempi e luoghi non previsti dalla regolamentazione dei loro incontri. I magistrati aggiungono poi che, sebbene la donna non avesse mai accennato a gesti di sottrazione del minore mediante la forza, questa era una delle ricorrenti paure del ragazzo, e la insistente ripetizione di tali condotte intrusive a sorpresa, catalogabile come reiterazione ossessiva, nonché la diretta percezione delle reazioni del ragazzino, talvolta espresse in forme eclatanti, non poteva averla lasciata indifferente ed ignara, ad onta del parziale vizio di mente, delle ripercussioni sul figlio. A questo proposito vengono richiamati i punti salienti di deposizioni testimoniali da cui si evince sia lo stato di turbamento e paura del minore alla vista delle incursioni materne, sia la imperturbabilità della donna, la quale, alle rimostranze di coloro che assistevano agli episodi oggetto del processo, opponeva di volere comunque vedere suo figlio, senza peraltro curarsi di tessere una reciprocità di rapporto o di addurre effettivi motivi di cura e protezione alla base di tali pulsioni. (Sentenza 17493 del 27 aprile 2023 della Cassazione)

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