Condannato per violenza privata il conducente del furgoncino che in retromarcia sposta una vettura ferma una situazione di emergenza
Acclarato che la condotta dell’automobilista, ossia l’improvvisa sosta della sua vettura, fu determinata da un’oggettiva necessità, poiché il figlio piccolo si era sganciato dalla cintura di sicurezza e stava cercando di scendere dal seggiolino

Condannato per violenza privata il conducente che col proprio furgoncino procede in retromarcia per spostare di forza un’automobile il cui guidatore era stato obbligato a fermarsi per bloccare il figlioletto che, seduto dietro sul seggiolino a lui riservato, si era slacciato la cintura di sicurezza per potersi muovere liberamente all’interno del veicolo. Ingiustificabile quindi la condotta tenuta dall’uomo alla guida del furgoncino. Su questo punto i giudici respingono le obiezioni proposte dalla difesa, mirate, da un lato, a ridimensionare l’episodio, parlando di lievissimo contatto, intervenuto per pochissimi secondi, tra i veicoli e di spostamento di pochi centimetri dell’automobile, e, dall’altro, a mettere in discussione la legittimità della sosta della vettura, sosta che aveva provocato la reazione del conducente del furgoncino. Secondo la difesa, quindi, è impossibile catalogare la condotta tenuta dal conducente del furgoncino come violenza privata, essendo, invece, plausibile ipotizzare che egli abbia agito nella convinzione di esercitare un diritto e perciò si sia fatto ragione da sé. I giudici ribattono sottolineando che è stato proprio il conducente del furgoncino ad ammettere di aver spostato di un metro, e non di pochi centimetri, l’automobile della persona offesa, costretta, dunque, a tollerare l’evento consistito appunto nello spostamento della propria vettura, su cui si trovava, peraltro, il figlio in tenera età. Inoltre, è acclarato che la condotta dell’automobilista, ossia l’improvvisa sosta della sua vettura, fu determinata da un’oggettiva necessità, poiché il figlio piccolo si era sganciato dalla cintura di sicurezza e stava cercando di scendere dal seggiolino, necessità che fu manifestata a chiare lettere, addirittura urlando, al conducente del furgoncino. Sacrosanto, quindi, concludono i giudici, parlare di violenza privata, poiché va esclusa anche solo l’apparenza di un diritto da esercitare, da parte del conducente del furgoncino, a fronte della situazione di difficoltà che il conducente dell’automobile stava fronteggiando in quegli attimi. (Sentenza 43638 del 17 novembre 2022 della Corte di Cassazione)