Cremazione non autorizzata della salma: società condannata e familiari del defunto risarciti
La legge riconosce un diritto ad opporsi alla cremazione. E da ciò si deduce che la cremazione non autorizzata è atto lesivo del diritto di culto

Condannata la società concessionaria e titolare di affidamento diretto, da parte del Comune, dei servizi cimiteriali di sepoltura e di movimentazione defunti che ha effettuato la cremazione di un defunto senza prima informarne i familiari così da ottenere la loro autorizzazione. Chiamati a prendere in esame la delicata vicenda, i giudici sottolineano la lesione subita dai familiari del defunto: la salma è stata trasformata in cenere, e l’interesse al culto dei defunti non è leso soltanto dalla distruzione o dalla dispersione del cadavere, ma altresì dalla imposizione di forme di culto che non sono previamente accettate dai parenti del defunto. Questa conclusione è imposta, precisano i giudici, proprio dalla necessità del consenso dei parenti. Difatti, prevedendo che la trasformazione della salma in cenere debba essere autorizzata, è la legge stessa che considera lesione del diritto una trasformazione che ne prescinda. In sostanza, è la stessa legge a dare rilevanza al mero trasferimento (oltre che alla trasformazione) della salma, e quindi è la stessa legge a riconoscere un diritto ad opporsi alla cremazione. E da ciò si deduce che la cremazione non autorizzata è atto lesivo del diritto di culto. (Sentenza 370 del 10 gennaio 2023 della Corte di Cassazione)