Danni da emotrasfusione: nel giudizio risarcitorio il verbale della commissione medica non ha valore confessorio
Diagnosi, manifestazioni di scienza o di opinione costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice

Nel giudizio risarcitorio promosso nei confronti del Ministero della Salute, in relazione ai danni subiti per effetto di una trasfusione con sangue infetto, il verbale redatto dalla commissione medica non ha valore confessorio e, al pari di ogni altro atto redatto da pubblico ufficiale, fa prova dei fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da essa compiuti, mentre le diagnosi, le manifestazioni di scienza o di opinione costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice che, pertanto, può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può attribuire allo stesso il valore di prova legale. Nel medesimo giudizio, il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto all’indennizzo, pur non integrando una confessione stragiudiziale, costituisce un elemento grave e preciso da solo sufficiente a giustificare il ricorso alla prova presuntiva e a far ritenere provato, per tale via, il nesso causale, sicché il Ministero è tenuto, per contrastarne l’efficacia, ad allegare specifici elementi fattuali non potuti apprezzare in sede di liquidazione dell’indennizzo o sopravvenute acquisizioni della scienza medica, elementi cioè idonei a privare la prova presuntiva offerta dal danneggiato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che la caratterizzano. Infine, nel giudizio di risarcimento del danno il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia ed il giudice del merito è tenuto a rilevare anche d’ufficio la formazione del giudicato, a condizione che esso risulti dagli atti di causa. (Sentenza 19129 del 6 luglio 2023 della Cassazione)