Danno da investimento sbagliato: il risarcimento deve comprendere sia il danno emergente che il lucro cessante
L’ obbligazione di risarcimento del danno, per inadempimento di obbligazioni contrattuali diverse da quelle pecuniarie, costituisce, al pari dell’obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale, un debito non di valuta, ma di valore

, L’obbligazione di risarcimento del danno considera la materiale utilità che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli. Tale obbligazione deve, dunque, comprendere sia il danno emergente, ossia la perdita cui è andato in contro il creditore, sia il lucro cessante, che rappresenta, invece, la conseguenza dell’illecito subito. La prima voce di danno mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato quale era anteriormente al fatto generatore del danno e a porlo nelle condizioni in cui si sarebbe trovato se l'inadempimento non si fosse verificato e la sua liquidazione avviene mediante l’attribuzione di un valore (cosiddetta ‘taxatio’) alla prestazione oggetto dell’obbligazione non adempiuta e il tramutamento di tale valore in denaro (cosiddetta ‘aestimatio’). La seconda voce di danno mira, invece, a compensare il danneggiato del mancato godimento della cosa perduta (o danneggiata) o del suo equivalente in denaro dal momento dell’illecito sino alla data del pronunciamento giudiziario. Questi i chiarimenti forniti dai giudici in merito a una richiesta di risarcimento avanzata a seguito dell’acquisto di titoli obbligazionari effettuato in assenza della previa sottoscrizione del contratto afferente all’acquisto di tali titoli e della previa informativa sui rischi generali degli investimenti e intrinseci delle singole operazioni e in violazione dell’obbligo di astensione da parte dell’intermediario, trattandosi di operazioni non adeguate al profilo dell’investitore. (Ordinanza 22816 del 27 luglio 2023 della Cassazione)