Gara d’appalto pubblica: possibile l’ammissione per l’impresa in stato di concordato preventivo con continuità aziendale

Va tenuto presente, però, che la partecipazione è subordinata all’autorizzazione del giudice soltanto se non è ancora intervenuta l’omologa del concordato

Gara d’appalto pubblica: possibile l’ammissione per l’impresa in stato di concordato preventivo con continuità aziendale

Possibile consentire la partecipazione all’affidamento di pubbliche commesse ad imprese in stato di concordato preventivo con continuità aziendale. I giudici precisano però che la partecipazione è subordinata all’autorizzazione del giudice soltanto se non è ancora intervenuta l’omologa del concordato. Invece, se è già stata ufficializzata l’omologa del concordato, l’autorizzazione non occorre, come non occorre che la partecipazione sia accompagnata dal deposito della relazione di un professionista indipendente attestante la conformità al piano concordatario e la capacità dell’impresa di adempiere al contratto. Per fare chiarezza i giudici sottolineano che dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, e fino al decreto di apertura del concordato, il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, mancando la quale gli atti compiuti sono inefficaci. Successivamente al decreto di apertura e fino all’omologazione, sull’istanza di autorizzazione provvede il giudice delegato. Però, dopo l’omologazione, e salvo che non intervengano la risoluzione o l’annullamento del concordato, viene meno l’esigenza dell’autorizzazione al compimento degli atti di straordinaria amministrazione. In sostanza, l’impresa è restituita alla disponibilità del debitore, tenuto all’adempimento degli obblighi assunti con la proposta concordataria e soggetto alla sorveglianza del commissario, mentre i poteri del giudice si spostano sul versante dei rimedi previsti per il caso di inosservanza di quegli obblighi. D’altro canto, la continuità aziendale serve a tutelare l’interesse dei creditori ed a preservare, nella misura possibile, i posti di lavoro, richiedendo comunque il voto favorevole dei creditori o il superamento degli eventuali dissensi secondo la disciplina all’uopo stabilita. E il piano di concordato, oggetto dell’omologa, consta di un piano industriale che deve contenere l’indicazione degli effetti sul piano finanziario e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria, nonché l’analitica individuazione dei costi e dei ricavi attesi, del fabbisogno finanziario e delle relative modalità di copertura, tenendo conto anche dei costi necessari per assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela dell’ambiente. Il piano deve essere inoltre accompagnato dalla relazione di un professionista indipendente, che attesti la veridicità e fattibilità dello stesso e, in caso di continuità aziendale, la sua idoneità a impedire o superare l’insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell’impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale. A fugare ogni dubbio circa la non necessità dell’autorizzazione giudiziale, dopo l’omologa, è la previsione secondo cui la sentenza di omologazione chiude la procedura di concordato preventivo, determinando la cessazione del regime di amministrazione previsto nel corso della procedura. La circostanza che l’esecuzione del concordato preventivo non rappresenti una fase a sé stante rispetto a quella che l’ha preceduta sta a significare che il debitore deve conformare il proprio operato al conseguimento degli obiettivi prefigurati nel piano concordatario omologato, ma non che la sua attività continui a essere sottoposta al medesimo regime previsto durante il corso della procedura di concordato, oramai conclusa. (Sentenza 286 del 20 marzo 2023 del Tribunale amministrativo regionale della Toscana)

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