Gestione di una sorta di ‘casa d’appuntamenti’: logico parlare di favoreggiamento della prostituzione

Accertato la responsabilità penale di una donna. Ella disponeva delle utenze telefoniche indicate negli annunci pubblicitari delle prestazioni sessuali, rispondeva alle chiamate dei clienti e concordava gli appuntamenti

Gestione di una sorta di ‘casa d’appuntamenti’: logico parlare di favoreggiamento della prostituzione

Gestione organizzativa della ‘casa d’appuntamenti’: legittimo parlare di favoreggiamento della prostituzione. Questa la posizione assunta dai giudici (sentenza numero 3372 del 28 gennaio 2025 della Cassazione), i quali hanno accertato la responsabilità penale di una donna, inchiodata da un agente di polizia giudiziaria, sottolineando che ella disponeva delle utenze telefoniche indicate negli annunci pubblicitari delle prestazioni sessuali, rispondeva alle chiamate dei clienti e concordava gli appuntamenti. Impossibile, quindi, non catalogarla come maîtresse, avendo ella gestita dal punto di vista organizzativo una casa utilizzata da alcune ragazze per esercitare il meretricio.
Scenario della vicenda è la provincia emiliano-romagnola. A finire nei guai è una donna straniera, accusata, in sostanza, di avere gestito una ‘casa d’appuntamenti’. A sostegno di questa accusa la verifica effettuata de visu da un esponente delle forze dell’ordine.
Per i giudici di merito il quadro probatorio è chiarissimo. Consequenziale, quindi, la condanna della donna, ritenuta colpevole di avere favorito e sfruttato la prostituzione di altre donne e di averlo fatto gestendo una mini ‘casa d’appuntamenti’.
Secondo la difesa, però, va tenuto presente un dato, ossia la condizione di prostituta della donna sotto processo. Di conseguenza, è possibile ipotizzare un’agevolazione reciproca fra la donna sotto processo e le altre donne che nello stesso immobile esercitavano il meretricio.
Per i magistrati di Cassazione, come già per i giudici di merito, però, non regge affatto la versione difensiva. A smentirla è sufficiente il richiamo alle dichiarazioni dell’agente, il quale ha riferito che la prima volta, nonostante avesse contattato per l’appuntamento proprio la donna sotto processo, non l’aveva trovata, poiché in viaggio, e aveva trovato invece un’altra ragazza, e la seconda volta aveva trovato un’altra ragazza ancora, mentre la donna sotto processo era presente in casa e assolveva compiti organizzativi, rispondendo a telefono, dando indicazioni ai clienti, concordando date e modalità di svolgimento delle prestazioni sessuali.
Da respingere, perciò, l’ipotesi della agevolazione reciproca tra la donna sotto processo e le ‘lucciole’ presenti nell’immobile.
Non a caso, aggiungono i giudici, la donna sotto processo disponeva delle utenze telefoniche che erano indicate negli annunci pubblicitari delle prestazioni sessuali, rispondeva alle chiamate dei clienti e concordava gli appuntamenti. In sostanza, non ci sono dubbi: la donna sotto processo gestiva la prostituzione, sotto forma di favoreggiamento, nella mini ‘casa d’appuntamenti’.

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