Il lockdown imposto dallo Stato non giustifica la corposa scorta di stupefacente per il consumatore abituale di cocaina
Impossibile, secondo i giudici, mettere in discussione la condanna per il reato di detenzione di droga a fini di spaccio

Il confinamento a casa imposto dallo Stato a causa della pandemia non basta per catalogare come scorta personale il quantitativo – oltre 13 grammi – di cocaina posseduto nella propria abitazione da un uomo. A inchiodare l’uomo sono soprattutto la suddivisione della sostanza in venticinque dosi e la precaria condizione economica, incompatibile con un corposo acquisto di droga per un uso esclusivamente personale. Infine, per chiudere il cerchio, i giudici sottolineano anche il progressivo venir meno della condizione di confinamento a casa imposta dallo Stato. Risale alla fine di maggio del 2020 il blitz che consente alle forze dell’ordine di scoprire oltre 13 grammi di cocaina nella casa di un uomo, che finisce perciò sotto processo con l’accusa di detenzione di droga a fini di spaccio. Il difensore dell’uomo sostiene sia illogico ritenere acclarata la finalità di spaccio, a fronte della necessità del suo cliente, risultato essere tossicodipendente, di approntare una scorta per il periodo di confinamento forzato a casa imposto dallo Stato a causa della pandemia. A questa obiezione i giudici replicano sottolineando, in prima battuta, il progressivo venir meno dello stato di lockdown e aggiungendo, in seconda battuta, specifici elementi indiziari a supporto della condanna, ossia la suddivisione della sostanza stupefacente in numerosi dosi, la presenza di due bilancini nella casa dell’uomo, l’inconsistenza patrimoniale dell’uomo e l’incompatibilità con tale condizione economica del significativo valore della sostanza rinvenuta. (Sentenza 44567 del 23 novembre 2022 della Corte di Cassazione)