Impossibile parlare di riconciliazione tra coniugi separati a fronte di una mera loro coabitazione
I giudici sottolineano che l’effettiva ripresa della convivenza coniugale non è data dal mero fatto di dividere l’abitazione, ma dalla esistenza di un progetto di vita comune, attuato nella quotidianità

Questo il paletto fissato dai giudici, i quali, analizzando il caso specifico loro sottoposto, pongono in rilievo che non sono state allegate e dimostrate, al di là della coabitazione, circostanze univoche che depongano per la ricostituzione del rapporto coniugale dopo il provvedimento di omologazione della separazione, essendo piuttosto emerso dalle testimonianze che la convivenza dei coniugi fosse proseguita, senza soluzione di continuità, da separati in casa, con tanto di letti separati. Poco significativa, di contro, la circostanza che i coniugi partecipassero ad incontri sociali di tanto in tanto e che l’uomo abbia assistito in un’occasione la moglie separata in ospedale: ciò si può riconnettere, precisano i giudici, a ragioni umanitarie o di solidarietà post-coniugale. I giudici sottolineano che la riconciliazione dei coniugi non è dimostrata dalla mera coabitazione, poiché è vero che il ripristino della coabitazione può essere uno degli indici attraverso i quali valutare l'intervenuta riconciliazione ma solo in quanto essa sia espressione di una effettiva ripresa della convivenza coniugale, che non è data dal mero fatto di dividere l’abitazione, ma dalla esistenza di un progetto di vita comune, attuato nella quotidianità e improntato alla solidarietà, alla reciproca collaborazione e alla assistenza morale e materiale. (Ordinanza 17596 del 20 giugno 2023 della Cassazione)