Insinuazione al passivo: il creditore fondiario deve rispettare i termini previsti dalla legge fallimentare
La pendenza del procedimento esecutivo individuale promosso o proseguito dal creditore fondiario, come previsto dal ‘Testo unico bancario’, non costituisce fatto idoneo a giustificare il ritardo nell’insinuazione allo stato passivo

Il privilegio processuale riconosciuto, come da ‘Testo unico bancario’, al creditore fondiario di iniziare o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore deroga al divieto di azioni esecutive individuali previsto dalla legge fallimentare, ma non anche alla norma imperativa secondo la quale ogni credito deve essere accertato nelle forme previste dalla legge fallimentare. Pertanto, il creditore fondiario deve comunque insinuarsi al passivo del fallimento nei termini previsti dalla legge fallimentare, non costituendo la pendenza del procedimento esecutivo individuale fatto idoneo a giustificare il ritardo nell’insinuazione. Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 4643 del 21 febbraio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame una domanda di ammissione al passivo del fallimento di una ditta individuale a fronte di un credito pari a quasi 160mila euro e vantato in forza di due mutui fondiari. Sia in primo che in secondo grado, però, la domanda è stata respinta in quanto l’insinuazione era stata trasmessa in ritardo al curatore fallimentare, cioè solo a maggio del 2022 mentre lo stato passivo della procedura era stato dichiarato esecutivo ad aprile del 2013, e il creditore non ha provato che il ritardo era dipeso da causa a lui non imputabile. In particolare, in appello viene ribadita l’inammissibilità della domanda di insinuazione al passivo essendo stata proposta oltre i termini previsti dalla legge fallimentare, e viene precisato che il ‘Testo unico bancario’, che prevede solo la possibilità del creditore fondiario di proseguire l’esecuzione individuale ed ottenere l’assegnazione, non comporta alcuna deroga alla disciplina dettata in tema di accertamento del passivo, ed in particolare al principio di esclusività della verifica fallimentare. A completare il quadro provvedono i giudici di Cassazione, chiarendo che il ‘Testo unico bancario’, nel prevedere che il creditore fondiario può iniziare o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore, deroga al divieto di azioni esecutive individuali, ma non anche alla norma imperativa secondo la quale ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o esentato dal divieto di azioni esecutive, deve essere accertato nelle forme previste dalla legge fallimentare. Pertanto, l’insinuazione al passivo costituisce un onere per la banca mutuante al fine dell’esercizio del diritto di trattenere definitivamente, nei limiti del quantum spettante a ciascun creditore concorrente all’esito del piano di riparto in sede fallimentare, le somme provvisoriamente percepite a titolo di anticipazione in sede esecutiva. Quindi, il creditore fondiario, laddove si sia insinuato positivamente al passivo del fallimento, ha diritto ad ottenere la provvisoria assegnazione del ricavato della vendita, ma non a vedersi assegnata quella somma in via definitiva in sede esecutiva. In base ai principi generali, difatti, è in sede fallimentare che si dovrà procedere a determinare definitivamente la massa attiva (comprensiva, ovviamente, del ricavato della vendita effettuata in sede esecutiva, attribuita provvisoriamente all’istituto di credito fondiario) e la massa passiva (con le varie graduazioni) e, quindi, è soltanto in sede di riparto che quell’attribuzione diverrà definitiva. Di conseguenza, il creditore fondiario, al pari di tutti gli altri creditori concorsuali, che vuole assumere la veste di creditore concorrente, deve insinuarsi allo stato passivo con le modalità ed i limiti temporali medesimi limiti dettati dalla legge fallimentare. Né la pendenza del procedimento esecutivo individuale promosso o proseguito dal creditore fondiario, come previsto dal ‘Testo unico bancario’, costituisce fatto idoneo a giustificare il ritardo nell’insinuazione allo stato passivo in quanto il credito derivante, come nella vicenda in esame, da un mutuo fondiario diviene liquido, quanto alla sorta capitale che ne costituisce componente primaria sin dal verificarsi dell’inadempimento del debitore, sicché esso diviene esigibile già da tale momento, se del caso tramite la domanda di ammissione al passivo del sopravvenuto fallimento del debitore-mutuatario. Il privilegio di natura meramente processuale, riconosciuto dal ‘Testo unico bancario’, imponeva comunque alla banca , nella vicenda in esame, di insinuarsi al passivo del fallimento tempestivamente, o quanto meno dopo un anno dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo, in modo da consentire la graduazione dei crediti con il riconoscimento del privilegio ipotecario al credito fondiario, al fine di rendere poi definitiva al momento del riparto la provvisoria assegnazione avvenuta in sede esecutiva.