Interrotta la fornitura di gas: niente risarcimento per lo stop ai riti religiosi
I giudici catalogano l’inconveniente lamentato dal privato cittadino come un mero fastidio, non idoneo di per sé ad assurgere a pregiudizio risarcibile

Niente risarcimento se l’interruzione della fornitura energetica – fornitura di gas, per la precisione – ha impedito al privato cittadino di celebrare in casa il proprio rito religioso. I giudici, chiamati a prendere in esame la singolare vicenda, hanno chiarito che, a fronte dell’interruzione della fornitura di gas, la dedotta impossibilità, per il privato cittadino, di dare luogo, in pochi giorni, ad una frettolosa organizzazione presso un’altra abitazione per la celebrazione del proprio rito religioso integra non già una violazione della libertà religiosa quanto bensì un mero sconvolgimento dell’agenda, fonte di meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress e violazioni del diritto alla tranquillità, non assurgenti a danno non patrimoniale risarcibile. I giudici precisano poi che, in assenza di lesione alla salute, ogni vulnus arrecato ad altro valore costituzionalmente tutelato può dar luogo ad un danno non patrimoniale che va valutato ed accertato sotto il duplice aspetto risarcibile sia della sofferenza morale che della privazione, ovvero diminuzione o modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal danneggiato, integrate esclusivamente in presenza di uno sconvolgimento esistenziale e non dal mero sconvolgimento dell’agenda o della perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita e che pertanto non ricorre a fronte di meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress e violazioni del diritto alla tranquillità. Proprio ragionando in questa ottica, il disagio subito dal privato cittadino per non aver potuto celebrare al meglio la festività religiosa del capodanno in casa propria configura un inconveniente che, lungi dall’aver determinato uno sconvolgimento della sua vita, ha dato luogo esclusivamente a un fastidio non idoneo di per sé ad assurgere a pregiudizio risarcibile, non avendo egli nemmeno indicato dei concreti elementi indiziari per poter provare una sua concreta sofferenza morale patita nella vicenda. (Ordinanza 220 del 5 gennaio 2023 della Corte di Cassazione)