Invalidità del testamento: non basta una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà

Necessario, invece, che, a causa dell’infermità, il soggetto sia assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi

Invalidità del testamento: non basta una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà

L’incapacità naturale che può determinare l’invalidità del testamento non si identifica in una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà, richiedendo, invece, che, a causa dell’infermità, il soggetto sia assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi, cosi da versare in condizioni analoghe a quelle che, con il concorso dell’abitualità, legittimano la pronuncia di interdizione. Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 9534 dell’11 aprile 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a valutare la presunta invalidità delle disposizioni di ultima volontà di un uomo, aggiungono che lo stato di capacità costituisce la regola e quello di incapacità l’eccezione, per cui spetta a chi impugna il testamento dimostrare l’incapacità del soggetto. In questa ottica, l’esistenza di legami affettivi con soggetti pretermessi nel testamento non è di per sé indice di incapacità, se non associata ad anomalie o incoerenze della scheda testamentaria. In generale, la prova delle condizioni mentali, anteriori o posteriori, può esser desunta da elementi presuntivi: tra essi viene in rilievo, quale elemento che è necessario valutare, il contenuto del testamento. Applicando questa visione alla vicenda presa in esame, il giudizio di capacità dell’autore del testamento appare adeguatamente giustificato. A questo proposito, le risultanze del procedimento di interdizione, sfociato poi nella meno grave misura dell’inabilitazione, consentono di affermare che l’uomo era affetto da deficit motorio e dell’espressione verbale, ma capace di intendere e di volere, rispondendo in maniera pertinente alle domande che gli venivano rivolte, mostrando di comprenderne il contenuto e di articolare risposte congruenti, di cui era chiaramente intellegibile il contenuto. Inoltre, dalle deposizioni dei medici escussi nel procedimento di interdizione (e che hanno avuto in cura l’uomo) è emerso che le condizioni fisiche dell’uomo rendevano talmente complessa la comunicazione verbale e gestuale da ingenerare l’apparenza di una maggiore gravità del quadro psichico, rispetto alle effettive condizioni neurologiche. E la consulenza svolta nel giudizio di interdizione è di conforto riguardo alla prevalenza del disturbo motorio su quello psichico, rivelando che il deficit psichico, pur indotto dalla patologia, non aveva invalidato la capacità del de cuius, non evincibile con certezza neppure dall’eventuale espletamento di test diagnostici, incapacità che potevano al più risultare come possibile, o forse probabile esito delle malattie di cui soffriva il paziente, ma che certamente, per il periodo di interesse, non era stata accertata in base ad un solo elemento concreto. Da escludere, quindi, che fossero già annullate le facoltà intellettive dell’uomo prima o dopo la redazione della scheda testamentaria, mancando quindi le condizioni per esigere la prova dell’avvenuta stesura dell’atto in un intervallo di piena lucidità del soggetto. Per quanto concerne, poi, la validità del testamento pubblico, la circostanza che il de cuius si sia espresso a monosillabi o con gesti espressivi del capo non inficia, nello specifico, la validità del testamento, essendo tali modalità le uniche coerenti con le sue condizioni di salute, caratterizzate da un deficit motorio tale da non incidere sulle capacità, né sulla possibilità di esprimere in maniera intellegibile la propria volontà, non potendosi negare che il consenso così esternato sia stato validamente manifestato, né potendosi contestare la genuinità e la pienezza dell’espressione di volontà, immune da vizi, intellegibile e consapevole.

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