Ironizzare su Facebook in merito al difetto fisico di una persona vale una condanna per diffamazione
I giudici sottolineano che la reputazione di un individuo è un diritto inviolabile, strettamente legato alla stessa dignità della persona

Post su Facebook per ironizzare sul difetto fisico di una persona: legittimo ipotizzare il reato di diffamazione. I giudici chiariscono che comunicare con più soggetti per mettere alla berlina una persona per talune sue caratteristiche fisiche può certo considerarsi un’aggressione alla reputazione di quella persona. Rilevanti, nel caso oggetto del processo, anche le ‘emoticon’ che hanno accompagnato il post condiviso online, ‘emoticon’ raffiguranti grasse risate e chiaramente mirata e deridere la persona a cui era destinato il post Impensabile sminuire l’episodio sostenendo che un difetto fisico - un deficit visivo, nel caso specifico - non diminuisce il valore di una persona. Ciò perché la reputazione di un individuo – che non va confusa, naturalmente, con la mera considerazione che ciascuno ha di sé o con il semplice amor proprio, posto che il bene giuridico tutelato dal Codice Penale è eminentemente relazionale, difendendo il senso della dignità personale in relazione al gruppo sociale – è un diritto inviolabile, strettamente legato alla stessa dignità della persona, ed è proprio la correlazione tra dignità e reputazione a venire in rilievo nel caso oggetto del processo, posto che le espressioni adoperate dall’uomo sotto processo sottendono una deminutio della persona offesa, che, in quanto ipovedente, veniva presentata come non degna di interlocuzione pari a quella delle altre persone presenti sulla piattaforma online. (Sentenza 2251 del 19 gennaio 2023 della Corte di Cassazione)