Litiga con la sorella ed evade dai domiciliari: condannato
Impossibile, secondo i giudici, ridimensionare l’episodio e catalogarlo come frutto di uno stato d’ira

Litiga con la sorella e scappa dalla casa di lei, in cui era sottoposto ai domiciliari: nessuna giustificazione e sacrosanta la condanna per evasione. Respinte le obiezioni difensive, mirate a vedere riconosciuto il fatto che la persona abbia agito a causa dell’ira frutto della provocazione subita ad opera della sorella. Impossibile anche catalogare l’episodio come non grave. Nessuna giustificazione possibile, quindi, per l’uomo che litiga con la sorella e per questo esce dalla casa della donna, dove era obbligato a rimanere a causa dell’applicazione nei suoi confronti della misura degli arresti domiciliari. Impossibile, chiariscono i giudici, ipotizzare che l’uomo abbia agito a seguito di una provocazione, cioè il comportamento ostile della sorella, non essendo configurabile, in questa vicenda, «il requisito dell’impulso emotivo irrefrenabile, essendo la condizione psicologica dell’uomo riconducibile ad un mero stato di agitazione e, al più, di risentimento, così come non è sostenibile l’esistenza di un nesso causale tra l’offesa, cioè l’atteggiamento della sorella verso l’uomo, e la reazione, cioè la decisione dell’uomo di uscire dalla casa in cui era costretto agli arresti domiciliari». Peraltro, dopo l’evasione, l’uomo non ha contattato le forze dell’ordine, come, invece, avrebbe potuto fare, sottolineano i giudici. (Sentenza 37699 del 5 ottobre 2022 della Corte di Cassazione)