Maltrattamenti in famiglia e coabitazione

Se la coabitazione tra uomo e donna, legati da una relazione sentimentale, è durata solo un mese, allora è solo con riferimento a quel ristretto arco temporale che possono essere catalogati come maltrattamenti in famiglia i comportamenti vessatori tenuti dall’uomo ai danni dell’allora compagna

Maltrattamenti in famiglia e coabitazione

In premessa, i giudici sottolineano l’esistenza di un apparato normativo che amplia lo spettro delle condotte prevaricatrici, di rilievo penale tenue, nell'ambito di relazioni interpersonali non qualificate e che impongono di intendere i concetti di ‘famiglia’ e di ‘convivenza’ nell'accezione più ristretta, cioè quella di una comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale, da una duratura comunanza d'affetti, che non solo implichi reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, ma sia fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, in caso di rapporti more uxorio, su una stabile condivisione dell'abitazione, ancorché, ovviamente, non necessariamente continua, come, ad esempio, quando due persone dimorano, per ragioni di lavoro, in un luogo diverso dall’abitazione comune e lo fanno per periodi più o meno lunghi ma comunque circoscritti. In sostanza, la coabitazione può non essere continuativa ma resta il primo passaggio imprescindibile per giungere ad una definizione della convivenza da valorizzare nell’ottica dei maltrattamenti. Tuttavia, i due profili restano distinti, precisano i giudici, poiché, muovendo dalla coabitazione, occorrerà sempre verificare la presenza di una relazione affettiva qualificata dalla continuità e connotata da elementi oggettivi di stabilità. Lungi dall'essere confuso con la mera coabitazione, il concetto di convivenza deve, infatti, essere espressione di una relazione personale caratterizzata da una reale condivisione e comunanza materiale e spirituale di vita. In altre parole: la coabitazione, seppur non necessariamente continuativa, è condizione necessaria ma non sufficiente alla contestualizzazione in termini di maltrattamenti delle condotte abitualmente vessatorie ascritte all’uomo nella vicenda oggetto del processo. Ciò significa che, in assenza di tale presupposto, la mera presenza di una relazione affettiva, in occasione della quale vengano a radicarsi eventuali condotte di matrice vessatoria, non costituisce un valido substrato cui ancorare la configurabilità dei maltrattamenti in famiglia. (Sentenza 30761 del 14 luglio 2023 della Cassazione)

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