Omologazione del piano del consumatore: ecco chi può impugnarlo con reclamo ad hoc
Iniziativa possibile solo per chi (debitore, creditore o soggetto interessato) abbia assunto la qualità di parte in senso formale nel giudizio di omologazione e sia rimasto soccombente rispetto alla decisione assunta

Il decreto che abbia pronunciato sull’omologazione del piano del consumatore può essere impugnato con il reclamo esclusivamente ad iniziativa di chi (debitore, creditore o soggetto interessato) abbia assunto la qualità di parte in senso formale nel giudizio di omologazione e sia rimasto soccombente rispetto alla decisione assunta. Perciò, nel procedimento di reclamo sono litisconsorti necessari, oltre al debitore non reclamante, i soli soggetti che, avendo contestato (quali creditori o comunque soggetti interessati) la convenienza del piano, si siano, come tali, costituiti nel procedimento di omologazione ed abbiano, quindi, ivi assunto la qualità di parte in senso formale.
Questi i principi di diritto fissati dai giudici (sentenza numero 5157 del 27 febbraio 2025 della Cassazione), i quali, a chiusura di un complicato contenzioso, hanno confermato il via libera all’omologazione del piano presentato dal consumatore, nonostante l’opposizione di una società creditrice che, pur avendo ricevuto regolare comunicazione della presentazione del piano, aveva scelto di non costituirsi nel procedimento di primo grado.
Normativa alla mano, il decreto che pronuncia (oppure nega) l’omologazione del piano del consumatore è impugnabile con il reclamo al Tribunale o entro il termine di dieci giorni dalla sua comunicazione (o notificazione) in forma integrale o, in mancanza, nel più lungo termine di sei mesi.
Detto ciò, la legittimazione alla proposizione del reclamo avverso il decreto spetta esclusivamente a chi abbia assunto, nel giudizio di primo grado, la qualità di parte.
In generale, la qualità di legittimato all’impugnazione (appello o ricorso per Cassazione) si determina, nei gradi e nelle fasi ulteriori del giudizio, esclusivamente per relationem rispetto alla qualità di parte formalmente assunta nei gradi e nelle fasi anteriori, e, dunque, è inammissibile l’impugnazione proposta contro soggetti diversi da quelli che sono stati parti nel suddetto giudizio.
Tali principi, seppur elaborati con specifico riferimento al procedimento di cognizione ordinaria, sono certamente utilizzabili, precisano i magistrati, anche in relazione al procedimento camerale, in cui, così come nel giudizio contenzioso ordinario, la qualità di parte e quindi di soggetto legittimato al reclamo si determina, nei gradi del procedimento successivi al primo, esclusivamente per relationem, rispetto alla qualità di parte formalmente assunta in primo grado, mentre coloro che sono stati indebitamente estranei al procedimento possono denunciare, in sede contenziosa ordinaria, la nullità del provvedimento camerale emesso inter alios.
Tale impostazione è stata diffusamente seguita anche in materia fallimentare, quando, in particolare, si è chiarito, con riferimento al reclamo avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo, che la legittimazione a proporre il reclamo (che è anch’esso deciso dalla Corte d’appello secondo il rito camerale) discende unicamente dall’avere l’impugnante assunto la qualità di parte in senso formale nel giudizio di omologazione (come debitore ovvero come opponente) e dall’essere rimasto soccombente rispetto alla decisione assunta dal Tribunale.
Al medesimo approdo si deve pervenire, sanciscono i giudici, anche in materia di reclamo avverso il decreto che ha pronunciato sull’omologazione del piano del consumatore sovraindebitato. Se non altro perché, pur nelle diversità sistematica e normativa che lo contraddistingue rispetto al concordato preventivo (in particolare perché il piano non deve essere votato né approvato dalla maggioranza dei creditori), a ben vedere i due istituti, oltre ad avere una comune ratio di fondo (costituita dall’intento di limitare il ricorso a procedure puramente liquidatorie garantendo, in via anticipata, ai creditori, una soddisfazione anche solo parziale governata dalla par condicio nonché, al contempo, al debitore di godere della esdebitazione senza attendere il corso della liquidazione), presentano evidenti affinità tanto sul piano sostanziale, quanto su quello procedurale: comune divieto di azioni esecutive individuali e comune sospensione del corso degli interessi sui crediti chirografari durante il loro svolgimento; previsione in entrambe le procedure di una verifica giurisdizionale dei presupposti di ammissione e di omologazione, dalla quale deriva l’efficacia obbligatoria del piano e delle relative previsioni per tutti creditori, compresi quelli contrari alla proposta; necessità di sussistenza dei requisiti di fattibilità del piano e (quanto meno nel caso in cui sussista sul punto una contestazione specifica in sede di omologazione) convenienza della proposta rispetto alla possibile alternativa liquidatoria.
Pertanto, nel giudizio di reclamo instaurato dal debitore sovraindebitato avverso il diniego dell’omologa del piano del consumatore da lui stesso proposto, così come in quello introdotto dal creditore (ove già opponente) nei confronti del decreto di omologazione del piano proposto dal debitore, la legittimazione attiva e passiva spetta esclusivamente (oltre che al debitore) ai creditori che, avendo partecipato al precedente grado del procedimento, abbiano rivestito la qualità di parte in senso formale.