Partner uniti civilmente, uno dei due vuole cambiare sesso: no alla conversione in matrimonio

Per i giudici non vi è spazio per i dubbi: la rettifica di sesso di uno dei due partner determina lo scioglimento dell’unione civile

Partner uniti civilmente, uno dei due vuole cambiare sesso: no alla conversione in matrimonio

Impossibile convertire in automatico l’unione civile, prevista dalla Legge Cirinnà, in matrimonio. Questo il paletto fissato dai giudici della Corte Costituzionale, chiamati a sciogliere i dubbi originati dal caso di un uomo che ha dichiarato di manifestare da tempo una disforia di genere di tipo ‘da maschio a femmina’ – come certificato anche da una relazione psicologica eseguita da un consultorio transgenere –, cioè una condizione di transessualismo che lo ha identificato irrevocabilmente nel genere femminile, e che richiede l’adeguamento dell’identità fisica a quella psichica, e che, avendo contratto nel 2019 unione civile col partner, ha spiegato di avere interesse, così come il partner, alla conservazione del vincolo familiare attraverso l’automatica conversione dell’unione civile in matrimonio per effetto della rettificazione anagrafica del suo genere sessuale. In sostanza, l’uomo ha chiesto: l’autorizzazione all’intervento chirurgico strumentale alla riassegnazione del sesso, da maschile in femminile; la rettificazione anagrafica dei dati riguardanti il sesso e il nome; infine, l’iscrizione del matrimonio col partner nel relativo registro. Per i giudici, però, non vi è spazio per i dubbi: la rettifica di sesso di uno dei due partner determina lo scioglimento dell’unione civile, senza possibilità di una scelta diversa. (Sentenza 269 del 27 dicembre 2022 della Corte Costituzionale)

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