Paziente arrivato in ‘Pronto Soccorso’ in condizioni gravissime: il decesso non è addebitabile alla struttura ospedaliera
Inutile quindi l’istanza risarcitoria avanzata dai familiari di un uomo ricoverato in ospedale dopo un infortunio sul lavoro

Nel caso specifico, preso in esame dai giudici, è emerso come le condizioni cliniche del paziente nel momento della diagnosi, in sede di secondo accesso in ‘Pronto Soccorso’, erano già così gravi, senza essere seguite a indicatori sospetti, da rendere inutile un intervento neurochirurgico precoce di chiusura dell’emorragia pertanto già estesa, per poi aggravarsi ancora, dopo l’arrivo in ‘Pronto Soccorso’, con stato di coma divenuto profondo e accompagnato da crisi decerebrate spontanee, per recidiva emorragica, che costituisce, precisano i giudici, gravissima complicanza possibile ma non prevedibile dell’aneurisma, con correlata condizione infausta irreversibile. Irrilevanti i riferimenti all’omissione di tempestiva e diligente diagnosi e cura, da parte del personale medico, e al malfunzionamento della strumentazione diagnostica. In sostanza, non è risultato un ritardo nelle cure seguenti ai due accessi in ‘Pronto Soccorso’, e, al contempo, l’impossibilità di eseguire l’esame angiografico in loco, sebbene dilazionato di almeno un’ora, non aveva diminuito alcuna concreta chance perché le gravi condizioni della vittima, palesatesi in modo imprevedibile al secondo accesso presso l’ospedale, non avrebbero comunque consentito un utile intervento precoce rispetto a quello poi effettuato senza esito fausto. (Ordinanza 27105 del 22 settembre 2023 della Cassazione)