Pedone investito da una vettura: la condotta imprudente tenuta gli costa il concorso di colpa
Inevitabili gli effetti sulla quantificazione del ristoro economico per la vittima dell’incidente

In tema di responsabilità per fatto illecito doloso, la norma concernente la diminuzione della misura del risarcimento in caso di concorso del fatto colposo del danneggiato non è applicabile quando la condotta del danneggiante sia sorretta da dolo, in quanto il carattere doloso del comportamento tenuto dal responsabile elide ogni concorso causale della condotta della vittima, costituendo la determinazione dell’autore del delitto causa autonoma del danno che interrompe il nesso causale. Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 4263 del 18 febbraio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso originato dall’investimento subito da un uomo. Chiari i dettagli dell’episodio. L’uomo è stato investito, nel giugno di undici anni fa, mentre era a piedi vicino alla propria abitazione, da una autovettura. Dinanzi ai giudici ha spiegato che in quei frangenti, avvedutosi del veicolo che viaggiava ad una velocità incontrollata, aveva fatto salire il proprio cane sul marciapiedi e si era sporto, mantenendo un piede sul marciapiedi e portando l’altro sulla strada, con l’intenzione di segnalare la propria presenza ed evitare l’investimento, ma, ciò nonostante, il veicolo, anziché rallentare, si era diretto contro di lui con l’intenzione di colpirlo. Consequenziale l’azione giudiziaria dell’uomo, che punta ad ottenere un adeguato risarcimento. Per i giudici di merito, però, pur non potendosi dubitare della responsabilità dell’automobilista, peraltro sorretta inequivocabilmente da dolo come accertato in sede penale, deve affermarsi il concorso di colpa del soggetto danneggiato per avere, con efficacia confessoria, dichiarato di aver tenuto una condotta imprudente sporgendosi sulla strada, al fine di segnalare la propria presenza, portando peraltro un piede sulla strada stessa. Conseguentemente, acclarata la violazione, da parte del pedone, del ‘Codice della Strada’, secondo cui i pedoni devono circolare sui marciapiedi, va ravvisata nella condotta del pedone un concorso colposo nella produzione del danno, nella misura del 50 per cento, non ostando a ciò la circostanza della condanna penale dell’automobilista. Questa valutazione viene censurata dai magistrati di Cassazione, i quali precisano che il fatto doloso del conducente assorbe la rilevanza della condotta imprudente del pedone e lo fa perché, sul piano causale, il carattere doloso del comportamento tenuto dal conducente elide ogni concorso causale della condotta del pedone. La ragione è naturalmente che, se non fosse stata tenuta una condotta dolosa, ma solo colposa dal conducente, l’evento non si sarebbe verificato. Utilissimo, secondo i giudici, il riferimento al principio secondo cui, in tema di responsabilità per fatto illecito doloso, la norma concernente la diminuzione della misura del risarcimento in caso di concorso del fatto colposo del danneggiato non è applicabile nell’ipotesi di provocazione da parte della persona offesa del reato, in quanto la determinazione dell’autore del delitto, di tenere la condotta da cui deriva l’evento di danno che colpisce la persona offesa, va considerata causa autonoma di tale danno, non potendo ritenersi che la consecuzione del delitto al fatto della provocazione esprima una connessione rispondente ad un principio di regolarità causale.