Persone condannate per delitti non colposi: cellulare vietato solo per decisione dell’autorità giudiziaria

Illegittima la disposizione del Codice delle leggi antimafia nella parte in cui include i telefoni cellulari nella nozione di apparato di comunicazione radiotrasmittente di cui il Questore può vietare il possesso o l’utilizzo

Persone condannate per delitti non colposi: cellulare vietato solo per decisione dell’autorità giudiziaria

Stop alla possibilità che siano le Questure ad imporre, in piena autonomia, il divieto di possedere o di utilizzare telefoni cellulari a persone condannate per delitti non colposi e abitualmente dedite alla commissione di reati. Questa, in sintesi, la posizione assunta dai giudici della Corte Costituzionale, i quali hanno sancito che la misura di prevenzione del divieto di possesso o di uso del cellulare può essere disposta solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria. In sostanza, trattandosi di un provvedimento che incide sulla libertà di comunicazione, l’autorità di pubblica sicurezza può farne proposta, ma la decisione spetta, in ultima battuta, all’autorità giudiziaria. Di conseguenza, è costituzionalmente illegittima la disposizione del Codice delle leggi antimafia nella parte in cui, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione, include i telefoni cellulari nella nozione di “apparato di comunicazione radiotrasmittente” di cui il Questore può vietare – con l’avviso orale ‘rafforzato’ – il possesso o l’utilizzo. I giudici della Consulta chiariscono che le limitazioni relative all’uso di un determinato mezzo non necessariamente si convertono in restrizioni al diritto fondamentale che l’impiego di quel mezzo consenta di soddisfare. Essi riconoscono, tuttavia, che, nello specifico caso in esame, la disciplina restrittiva relativa al telefono cellulare – considerata l’universale diffusione attuale di questo strumento, in ogni ambito della vita lavorativa, familiare e personale – finisce per penetrare all’interno del nucleo essenziale del diritto, determinando evidenti ricadute restrittive sulla libertà tutelata dalla Costituzione. Per questa ragione, la decisione non può che spettare all’autorità giudiziaria. (Sentenza 2 del 12 gennaio 2023 della Corte Costituzionale)

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