Poca chiarezza del debitore per l’ottenimento del finanziamento: esdebitazione comunque possibile
Decisiva, secondo i giudici, l’errata valutazione del merito creditizio del debitore

L’errata valutazione, da parte del finanziatore professionale, del merito creditizio del debitore -consumatore non solo esclude la malafede del debitore ma assorbe anche l’eventuale colpa lieve a lui addebitabile. Questo il principio fissato dai giudici (decreto del 9 aprile 2025 del Tribunale di Bergamo), chiamati a prendere in esame le obiezioni sollevate da una banca a fronte dell’esdebitazione riconosciuta al soggetto onerato di un gravoso finanziamento non più sostenibile. Per quanto concerne, più in generale, il giudizio di meritevolezza del debitore nell’ottica della concessione del decreto di esdebitazione, costituisce condotta qualificabile come colpa lieve del debitore – che quindi non preclude l’accesso al beneficio (come, invece, nel caso di dolo o colpa grave) – l’avere fornito notizie non veritiere alla banca in sede di valutazione del merito creditizio, ove emerga comunque la reale situazione dalla documentazione di corredo all’istanza di finanziamento. Analizzando la specifica vicenda, secondo il creditore, il debitore non può qualificarsi come meritevole in quanto, al momento della richiesta del finanziamento, ha reso una dichiarazione discordante rispetto alla sua effettiva situazione personale e patrimoniale, dichiarando di non avere in corso altri finanziamenti, mutui o impegni di diversa natura, mentre era in realtà titolare di un mutuo ipotecario, precisando che il nucleo familiare era composto da una sola persona, mentre, invece, era composto anche dalla moglie e quattro figli. In realtà, la meritevolezza richiesta per accedere al beneficio dell’esdebitazione è legata ad altri fattori, ossia, precisano i giudici, l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni, l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte, la valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione presentata a corredo della domanda (quest’ultima, in quanto diretta anche ad intercettare possibili atti in frode, quali l’occultamento o la sottrazione di attivo), così come la valutazione del merito creditizio del debitore compiuta dal creditore al momento della concessione del finanziamento. In particolare, con riferimento a quest’ultimo profilo, a differenza di quanto accade nel piano di ristrutturazione del consumatore e nel concordato minore, nell’esdebitazione dell’incapiente non è prevista alcuna sanzione processuale a carico del finanziatore che abbia omesso, o malamente compiuto, la predetta valutazione. Tornando alla specifica vicenda, però, ai fini del giudizio di meritevolezza del debitore occorre contestualmente vagliare due circostante: da un lato, le erronee dichiarazioni rese dal debitore nel foglio di notizie in ordine alla propria situazione famigliare e patrimoniale, a fronte tuttavia di altra idonea documentazione dallo stesso prodotta e da cui evincere la veridicità dei dati; dall’altro lato, l’omessa valutazione da parte del creditore del merito creditizio. In particolare, il finanziatore , all’atto dell’erogazione del finanziamento, ha omesso di tenere conto della situazione economica e patrimoniale del richiedente e della relativa incapacità di mantenere un tenore di vita dignitoso in costanza del pagamento delle rate pianificate in sede di concessione del finanziamento. Ancora più in particolare, poiché il soggetto richiedente il finanziamento ha prodotto nel 2023 un reddito da lavoro dipendente netto di poco superiore ai 22mila euro e che negli anni precedenti lo stipendio netto appare sostanzialmente in linea, è plausibile assumere detto valore come proiezione del reddito prodotto nel 2024 e da produrre nel 2025. Così, comparando i valori del reddito, è possibile affermare che il soggetto non sia in grado di far fronte alle obbligazioni precedentemente assunte, atteso che le somme che egli produce sono a mala pena sufficienti a garantire a sé stesso il minimo sostentamento. Per i giudici, quindi, in tale contesto non è imputabile al debitore una condotta dolosa o gravemente colposa nella formazione dell’indebitamento. Occorre invero tenere presente che il debitore ha fornito al creditore i dati necessari per verificare la sussistenza o meno del merito creditizio e cioè la ‘certificazione unica’ da cui risultavano ben quattro famigliari a carico e il certificato di stipendio rilasciato dal datore di lavoro da cui si evince chiaramente che lo stipendio era gravato, oltre che da una cessione del quinto, da un pignoramento. A fronte di dati correttamente rappresentati dal debitore mediante la produzione di idonea documentazione probatoria di formazione non unilaterale, l’erronea compilazione del foglio di notizie, peraltro avvenuta in un momento successivo alla delibera e approvazione del finanziamento, non assume rilevanza, secondo i giudici, se non in termini di colpa lieve. Invece, sarebbe stato onere dell’ente creditore valutare adeguatamente, secondo i giudici, il merito creditorio sulla base dei dati corretti a disposizione, ciò anche al fine di tutelare il consumatore, il quale va posto in condizione di contrarre finanziamenti che abbia ragionevole possibilità di restituire. Ne deriva che l’errata valutazione, da parte del finanziatore professionale, del merito creditizio del debitore-consumatore, come avvenuto in questa vicenda, non solo esclude la malafede del debitore ma ne assorbe anche la colpa lieve.