Pornografia minorile: condanna anche se manca la prova materiale, cioè foto o video

Possibile, secondo i giudici, fare riferimento, invece, alle comunicazioni intercorse tra adulto e vittima

Possibile la condanna per pornografia minorile anche se manca la prova materiale, ad esempio una foto o un video. A patto però che essa possa essere dedotta da elementi diversi, quale le comunicazioni tra la vittima e l’adulto.
Questo il principio fissato dai giudici (sentenza numero 5700 del 12 febbraio 2025 della Cassazione), i quali hanno sancito la condanna definitiva di un uomo, inchiodato dallo scambio di messaggi avvenuto con una minorenne, messaggi da cui si è dedotta la circostanza della ricezione, da parte sua, di una raffigurante la minorenne senza vestiti.
Per i magistrati di Cassazione, a fronte della foto incriminata, non si è accertato se vi sia stata o meno utilizzazione della minore. Su questo fronte, quindi, è necessario un approfondimento, tenendo conto, innanzitutto, che ai fini della configurabilità del reato di pornografia minorile è necessario che la produzione del materiale pedopornografico – anche una sola immagine – sia realizzato con l’utilizzazione del minore, sussistente qualora, all’esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell’età, della maturità, dell’esperienza e dello stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento della volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale del fatto solo le condotte realmente prive di offensività rispetto all’integrità psico-fisica del minore. E, difatti, è lecita, precisano i giudici, unicamente la produzione di materiale pornografico realizzato senza la utilizzazione del minore e con il consenso espresso di colui che abbia raggiunto l’età per manifestarlo.
In questa ottica, poi, viene precisato che la nozione di utilizzazione di minori, finalizzata a produrre materiale pornografico, ha portata particolarmente ampia, perché diretta ad assicurare la tutela del minore, sulla base delle indicazioni normative sovranazionali, anche nel caso di formale consenso del minore stesso alla produzione di tale tipologia di materiale. E il termine ‘utilizzazione’ sta ad indicare la condotta di chi manovra, adopera, strumentalizza o sfrutta il minore, servendosene e facendone uso nel proprio interesse, piegandolo ai propri fini come se fosse uno strumento.
Tornando alla vicenda in esame, quindi, è necessario verificare se nella produzione del materiale pedopornografico vi sia stata utilizzazione del minore o se detta produzione possa o non possa essere sussumibile, come paventato dalla difesa, nella pornografia domestica.
Respinta, invece, dai giudici di Cassazione, l’obiezione relativa al mancato rinvenimento della fotografia incriminata inviata dalla ragazzina all’uomo, foto il cui carattere pedopornografico va desunto in ragione del contenuto dei messaggi in chat tra loro due.
In questa ottica viene precisato che i messaggi presi in considerazione sono stati rinvenuti nel tablet dell’uomo e sul telefono cellulare della ragazzina. E dal contenuto di quelle comunicazioni si è legittimamente reputata ampiamente dimostrata la circostanza dell’invio all’uomo di una foto raffigurante la ragazzina senza vestiti. Inequivocabile, difatti, il tenore delle conversazioni intervenute tra l’adulto e la ragazzina prima e dopo l’inoltro della foto. Difatti, nella conversazione precedente all’invio della foto, l’uomo chiede alla ragazza di mostrarle dal vivo “il sedere come mamma te lo ha fatto”, e quando la ragazzina gli prospetta la possibilità di inviargli una foto, l’uomo specifica di volerne una che la raffiguri nuda. Poi, l’uomo sollecita l’invio e la ragazza risponde che l’indomani avrebbe provveduto. Invece, successivamente all’inoltro dell’immagine, l’uomo insiste per incontrare di persona la ragazzina, minacciando di postare sul profilo di lei la foto ricevuta e la minore, alla paventata minaccia, reagisce preannunciando una denuncia per “istigazione alla pedofilia…”.
Logico, quindi, alla luce degli elementi probatori, secondo i giudici di Cassazione, reputare che la foto inviata all’uomo avesse carattere pedopornografico.
Tirando le somme, poi, i magistrati di terzo grado fissano anche un principio di diritto ad hoc: in tema di produzione di materiale pedopornografico, il mancato rinvenimento e sequestro del materiale realizzato non impedisce la configurabilità del delitto di pornografia minorile qualora si pervenga per via indiretta, sulla base di elementi di prova certi, a desumere l’esistenza di tale materiale e il suo carattere pedopornografico.

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