Prodotto contraffatto e lesione dell’inventore al proprio brevetto: il danno comprende anche gli utilizzi realizzati con la condotta illecita

I giudici ricordano che in tema di brevetto il danno cagionato dalla commercializzazione di un prodotto o di un modello in violazione di privativa non è in re ipsa, ma, essendo conseguenza diversa ed ulteriore dell’illecito rispetto anche alla distorsione della concorrenza da eliminare comunque, richiede di essere provato secondo i principi generali che regolano le conseguenze del fatto illecito

Prodotto contraffatto e lesione dell’inventore al proprio brevetto: il danno comprende anche gli utilizzi realizzati con la condotta illecita

In tema di proprietà industriale, in caso di lesione del diritto dell’inventore al proprio brevetto, il danno accertato va liquidato tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando il margine di profitto conseguito dal contraffattore, deducendo i costi sostenuti dal ricavo totale. In particolare, in tale ambito, il criterio della ‘giusta royalty’ o ‘royalty virtuale’ segna solo il limite inferiore del risarcimento del danno liquidato in via equitativa in favore del titolare del brevetto, risarcimento che però non è sufficiente a dar conto del suo ammontare a fronte dell’indicazione, da parte del danneggiato, di ulteriori e diversi e ragionevoli criteri, per la sua liquidazione, allo scopo di giungere a una piena riparazione del pregiudizio risentito dal titolare del diritto di proprietà intellettuale. I giudici richiamano, inoltre, in tema di brevetto, il principio secondo cui il danno cagionato dalla commercializzazione di un prodotto o di un modello in violazione di privativa non è in re ipsa, ma, essendo conseguenza diversa ed ulteriore dell’illecito rispetto anche alla distorsione della concorrenza da eliminare comunque, richiede di essere provato secondo i principi generali che regolano le conseguenze del fatto illecito. I giudici aggiungono poi che, anche nella materia della proprietà intellettuale, condizioni per il ricorso alla liquidazione equitativa del danno sono sempre la certezza della sua esistenza e l’assoluta impossibilità pratica di provarne l’ammontare. E in tema di valutazione equitativa del danno subito dal titolare del diritto di utilizzazione economica di un’opera dell’ingegno non è precluso al giudice il potere dovere di commisurarlo, nell’apprezzamento delle circostanze del caso concreto, al beneficio tratto dall’attività vietata, assumendolo come utile criterio di riferimento del lucro cessante, segnatamente quando esso sia correlato al profitto del danneggiante, nel senso che questi abbia sfruttato a proprio favore occasioni di guadagno di pertinenza del danneggiato, sottraendole al medesimo. (Ordinanza 1692 del 19 gennaio 2023 della Corte di Cassazione)

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