Rapina ai danni di un 76enne: l’età della vittima non basta a rendere più grave la condotta del rapinatore

Va messa in discussione, quindi, l’aggravante, a carico del rapinatore, della minorata difesa della vittima dell’azione criminosa.

Rapina ai danni di un 76enne: l’età della vittima non basta a rendere più grave la condotta del rapinatore

I giudici, analizzando il caso specifico, chiariscono che, se la vittima di una rapina ha 76 anni, non si può automaticamente considerarla non in grado di difendersi dall’azione compiuta dal malvivente. Ricostruito l’episodio oggetto del processo, viene ritenuta colpevole la donna accusata di avere derubato un signore di 76 anni. A rendere più severa la sanzione, cioè due anni di reclusione e 800 euro di multa, è il riconoscimento della minorata difesa della vittima dell’azione criminosa. Su questo punto, però, i giudici mettono in discussione la tesi proposta dall’accusa e osservano che non si può valorizzare il solo dato del profilo anagrafico della vittima. Soprattutto perché, in materia di minorata difesa, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui il malfattore ha profittato, debbono tradursi, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità della vittima del reato. In questa ottica, perciò, è insufficiente il richiamo all’età della vittima della rapina, sostenendo che, per quanto ella potesse essere in buone condizioni fisiche, la sua capacità di reazione e difesa non era ottimale né nella media. (Sentenza 31776 del 21 luglio 2023 della Cassazione)

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