Responsabilità per diffamazione a mezzo stampa: il diritto di critica non si concretizza nella mera narrazione di fatti
Il diritto di critica non si concretizza nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi

Per riconoscere efficacia esimente all'esercizio di tale diritto occorre, tuttavia, che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive. E a questo proposito, in materia di responsabilità aquiliana da diffamazione a mezzo stampa, il significato di verità oggettiva della notizia va compreso in un duplice senso, potendo tale espressione essere intesa non solo come verità del fatto oggetto della notizia, ma anche come verità della notizia come fatto in sé e quindi indipendentemente dalla verità del suo contenuto. In quest'ultima ipotesi, peraltro, occorre che tale propalazione costituisca di per sé un fatto così rilevante nella vita pubblica che la stampa verrebbe certamente meno al suo compito informativo se lo tacesse, fermo restando che il cronista ha inoltre il dovere di mettere bene in evidenza che la verità non si estende al contenuto del racconto e di riferire le fonti per le doverose e conseguenti assunzioni di responsabilità. Questi doveri, inoltre, debbono essere adempiuti dal cronista contestualmente alla comunicazione, in modo da garantire la fedeltà dell'informazione che nella specie consiste nella rappresentazione al lettore o all'ascoltatore della esatta percezione che egli ha avuto del fatto. (Ordinanza 21892 del 21 luglio 2023 della Cassazione)