Separazione consensuale, controllo dei giudici solo esterno sulle clausole
I coniugi possono concordare non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, quali, in particolare, l’affidamento dei figli

Le clausole dell’accordo di separazione consensuale a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni, mobili o immobili, o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto l’accordo, inserito nel verbale di udienza e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione, purché, precisano i giudici, risulti l’attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le necessarie dichiarazioni. Di conseguenza, a fronte dell’avvenuto superamento della concezione che ritiene la preminenza di un interesse della famiglia superiore rispetto a quelli dei singoli componenti, i giudici possono realizzare un controllo solo esterno su tali accordi e in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli. Per questa ragione, i coniugi possono concordare, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, quali, in particolare, l’affidamento dei figli e le modalità di visita dei genitori, posto il diritto di ciascuno di condizionare il proprio consenso alla separazione personale ad un soddisfacente assetto globale dei propri interessi economici. (Ordinanza 25925 del 2 settembre 2022 della Corte di Cassazione)