Si piazza col corpo davanti ad un’auto e non la fa uscire dal cortile condominiale: è violenza privata
I giudici pongono in evidenza la costrizione esercitata da un uomo nei confronti di una automobilista, impossibilita a muoversi con la propria vettura

Si piazza davanti ad un’auto e ne impedisce l’uscita dal cortile condominiale: uomo condannato per violenza privata Inequivocabile, secondo i giudici, la condotta tenuta da un uomo, che ha bloccato per qualche minuto una donna che, alla guida della propria vettura, stava per uscire dal cortile di un palazzo. I giudici pongono in evidenza la costrizione esercitata dall’uomo nei confronti della donna, impossibilita a muoversi con l’automobile. In premessa, i giudici ribadiscono che costituisce violenza qualunque comportamento volto a realizzare la perdita o, comunque, la significativa compressione della libertà di azione o della capacità di autodeterminazione di un soggetto, mentre sono, invece, penalmente irrilevanti quei comportamenti che si rivelino in concreto inidonei a limitare la libertà di movimento o a condizionare i processo di formazione della volontà altrui. Peraltro, posto che il delitto di violenza privata è reato istantaneo e si consuma nel momento in cui si realizza la limitazione coattiva della libertà di determinazione ed azione della vittima, essendo irrilevante che gli effetti della imposizione si protraggano nel tempo e la persona offesa possa successivamente eliminarli e posto che è sufficiente a configurare il delitto un qualsiasi comportamento o atteggiamento, sia verso il soggetto passivo, sia verso altri, idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, finalizzato ad ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualcosa, allora «per violenza privata è da intendersi non solo una coercizione fisica che impedisca i liberi movimenti della persona offesa, ma anche qualunque azione minacciosa o valida a porre il soggetto passivo nell’alternativa di non muoversi o muoversi col pericolo di menomare l’integrità altrui, anche dello stesso soggetto che consapevolmente crea l’ostacolo. Per questo, quindi, i giudici ritengono doveroso catalogare come violenza privata la condotta tenuta dall’uomo, a fronte della costrizione esercitata nei confronti della persona offesa. In sostanza, si è appurato che l’uomo si è parato davanti al veicolo guidato dalla donna, impedendo a quest’ultima di muoversi, e la sussistenza e la corretta individuazione dell’evento rendono irrilevante, chiariscono i giudici, la durata dell’avvenuta costrizione, comunque protrattasi, secondo la ricostruzione basata sulla testimonianza della persona offesa, riscontrata dalle dichiarazioni di due testimoni, per un tempo apprezzabile. (Sentenza 11463 del 17 marzo 2023 della Corte di Cassazione)