Simulata la disponibilità di un bene in prospettiva di una vendita: legittimo parlare di truffa
Impossibile parlare di mero inadempimento contrattuale, poiché l’inesistenza del bene e l’impossibilità originaria di fornire il servizio sono sintomatici della condotta di chi simula una disponibilità che in effetti non ha e costituiscono di per sé gli artifici e i raggiri richiesti dalla truffa

Legittimo parlare di truffa telematica se il venditore simula on line una disponibilità – di un bene o di un servizio – che non ha in concreto. Questo il paletto fissato dai giudici, chiamati a prendere in esame il caso relativo a una proposta di affitto di un immobile poi rivelatasi assolutamente inesistente. Impossibile parlare di mero inadempimento contrattuale, nonostante la difesa abbia sottolineato che la persona sotto accusa ha comunque la propria identità al soggetto cui era stata offerta la casa. I giudici ribattono che la condotta di chi offre in vendita una bene, o propone un servizio, inducendo l’acquirente a pagare il corrispettivo, ovvero a versare un acconto, soprattutto quando ciò avviene in via telematica, ha rilievo esclusivamente civilistico solo qualora l’inadempimento dipenda da cause sopravvenute e sempre che il soggetto venditore restituisca quanto indebitamente ricevuto. Laddove, di contro, l’inesistenza del bene e l’impossibilità originaria di fornire il servizio, desumibili anche solo dalla mancata restituzione della somma nel frattempo corrisposta al venditore, sono sintomatici della condotta di chi simula una disponibilità che in effetti non ha e costituiscono di per sé gli artifici e i raggiri richiesti dalla truffa. (Sentenza 35402 del 22 settembre 2022 della Corte di Cassazione)