Sindaco ordina lavori di messa in sicurezza dell’immobile: il proprietario può ignorare il diktat
Accuse cadute se in realtà l’ordinanza sindacale non certifica l’effettivo pericolo per le persone connesso alle condizioni dell’immobile

Se un’ordinanza sindacale impone lavori di messa in sicurezza su uno stabile, ciò non basta per ritenere acclarato il pericolo per le persone connesso alle condizioni dell’edificio. Ragionando in questa ottica, i giudici hanno fatto cadere definitivamente l’accusa a carico di un soggetto obbligato alla conservazione e alla vigilanza di un immobile. Per i giudici, difatti, la prospettiva dell’insorgenza di un pericolo non è mai implicita nella sola emissione dell’ordinanza sindacale che impone lavori di messa in sicurezza su un determinato immobile. Nel caso preso in esame dai giudici a finire sotto accusa è stato il proprietario di un immobile. A lui è stato addebitato di avere, in sostanza, ignorato l’input arrivato dall’amministrazione comunale e di avere perciò trascurato l’esistenza di un pericolo per le persone connesso alle condizioni dell’immobile. Però i giudici precisano che, almeno in questo caso, l’ordinanza sindacale non riflette l’esito dell’accertamento ipotizzato, e, inoltre, la relazione tecnica, richiamata dall’ordinanza sindacale, descrive lo stato dei luoghi, facendo risaltare che il primo piano dell’immobile era disabitato, il secondo piano era in procinto di essere sgomberato e, infine, non vi era rischio di collasso strutturale dell’edificio con interessamento di aree esterne allo stabile. Tirando le somme, il pericolo per le persone si rivela inconsistente, e ciò consente di far cadere l’accusa a carico del proprietario dell’immobile. (Sentenza 34549 del 19 settembre 2022 della Corte di Cassazione)