Vendita ad offerta privata
Risarcito il fallimento se l’offerente rifiuta di perfezionare il contratto

Legittima la domanda risarcitoria proposta dal fallimento per i danni subiti dal rifiuto dell’offerente di perfezionare il contratto di vendita e di pagarne il prezzo. I giudici precisano che la vendita a offerta privata prefigura un modello ibrido, dato dall’impiego di uno schema negoziale per il perseguimento delle finalità della procedura concorsuale, nell’ambito della quale si è introdotto un modulo privatistico di liquidazione dell’attivo. Anche quella vendita, tuttavia, è modalità tipica del procedimento di liquidazione coattiva dell'attivo fallimentare e, pur lasciando ampi margini di discrezionalità al giudice delegato, non può essere equiparata alla vendita volontaria, proprio perché è un’alienazione giudiziale, in seno alla procedura fallimentare. Di conseguenza, l'effetto reale di trasferimento del bene non è riconducibile al consenso del curatore (che non assume il ruolo di parte) come momento perfezionativo del contratto, ma, in ragione della natura di vendita giudiziale si verifica esclusivamente con l'integrale pagamento del prezzo. Ne deriva che il curatore, a tanto autorizzato dal giudice delegato, può esperire, fino alla stipulazione della vendita e al pagamento del prezzo, ulteriori modalità di ricerca volte alla realizzazione di un prezzo maggiore di quello offerto. Non v’è quindi dubbio che la posizione dell’offerente a seguito dell’accettazione del curatore, debitamente autorizzato dal giudice delegato, sia assimilabile a quella dell’aggiudicatario. E allora, a fronte del mancato pagamento del prezzo, in virtù della combinazione, nei limiti della compatibilità con le peculiarità della vendita a offerta privata, che non contempla necessariamente cauzione, vale la norma secondo cui se il prezzo non è pagato, si procede immediatamente a nuovo incanto, a spese e sotto la responsabilità dell’aggiudicatario inadempiente, e vale la norma secondo cui se il prezzo che se ne ricava risulta inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza. (Ordinanza 23379 dell’1 agosto 2023 della Cassazione)